Maria Tartaglino

Asti: 17/09/1887 - 01/09/1944

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GALLERIA FOTOGRAFICA

I luoghi visti dal satellite

DIDASCALIA:

  1. Istituto Santa Chiara
  2. Rocchetta Tanaro
  3. Rocca d' Arazzo
  4. Cimitero di Asti

Premessa

Le immagini della galleria fotografica hanno a corredo una breve descrizione, e/o,  una sintetica biografia, col fine di dare al lettore informazioni sulle persone citate negli atti del "Processo diocesano"  istituito dal vescovo di Asti, Mons.Umberto Rossi,  per fare chiarezza  sul fatto del doppio sanguinamento del crocifisso appartenente a Maria Tartaglino. 

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Indice


Vescovo di Asti

Mons.Umberto Rossi
(1879 - 1952)

Casorzo, 1 aprile 1879
Asti, 6 agosto 1952  

Ordinato sacerdote il 29 giugno 1902, per due anni fu viceparroco a Rosignano Monferrato e dopo venne nominato teologo della cattedrale di Casale e professore di Sacra Scrittura in seminario.

Militante nell'Azione Cattolica, il 13 giugno 1921 venne nominato vescovo di Susa da papa Benedetto XV.

Trasferito nel 1932 alla sede di Asti, continuò l'operato del suo predecessore ispirandosi profondamente ai dettami dell'Azione Cattolica.

Nel periodo della seconda guerra mondiale si adoperò molto per liberare ostaggi o per salvare condannati a morte.  

Presso il comando tedesco di Bra si offrì in sostituzione a 24 ostaggi di San Damiano d'Asti e durante la controffensiva alleata e partigiana si recò più volte nei paesi di Grana, Mombercelli, Rocchetta Tanaro, Scurzolengo, Calliano, Baldichieri, Montafia, Portacomaro, Castello di Annone, rischiando anche la vita per l'esplosione di una bomba a mano mentre si recava dai capi partigiani per trattare la salvezza di Rocchetta Tanaro[1].  https://it.wikipedia.org/wiki/Umberto_Rossi (URL al 23/08/2016)


I CONFESSORI

Primo confessore:

Don Giuseppe Gamba
(1857 - 1929)

Nacque a San Damiano d'Asti, il 25 aprile 1857, in una famiglia di modesti mezzadri. Il padre, Pietro, morì quando egli aveva sette anni; alle esigenze della famiglia provvide allora la madre, Lucia Aschiero, alternando i lavori campestri all'attività di lavandaia.

Ospite nell'anno scolastico 1870-71 dell'oratorio fondato da Giovanni Bosco a Valdocco, Giuseppe Gamba ne uscì l'anno successivo per entrare nel seminario di Asti; ma l'esempio di don Bosco restò per lui un costante riferimento spirituale.

Fu ordinato sacerdote il 18 ottobre 1880, in leggero anticipo sul corso normale di studi. L'anno successivo venne chiamato al capitolo di Asti come vice curato del duomo, di cui divenne parroco nel 1884, ad appena 27 anni.

Confessore ordinario e professore di sacra eloquenza e di teologia pastorale presso il seminario locale, nel 1889 partecipò al primo Congresso catechistico nazionale, svoltosi a Piacenza, di cui venne nominato segretario.

Nel 1882, dopo aver conseguito la laurea in teologia presso il collegio di S. Apollinare di Roma, fu chiamato dal vescovo Giuseppe Ronco a ricoprire la carica di provicario generale della diocesi di Asti, recando un contributo significativo alla preparazione del sinodo del 1896. Nel 1898 il nuovo vescovo, Mons. Arcangeli, lo nominò vicario generale.

In questo periodo si assisteva in città a un interessante sviluppo del movimento cattolico, favorito dal nuovo presule, di origine lombarda, e seguito con attenzione dal Gamba.

Preconizzato vescovo di Biella il 16 dicembre.
1901, ricevette la consacrazione episcopale il 23 febbraio.
1902, tuttavia la sua permanenza alla guida della diocesi fu breve, poiché il 13 agosto.
1906 fu trasferito a Novara. A Biella si dedicò alla formazione del clero e allo sviluppo del seminario, compì la visita pastorale e promosse la costruzione in Oropa di un nuovo grandioso tempio dedicato alla Vergine.

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Preposto a due diocesi in cui era viva la "questione operaia"

[Per approfondire: "Enciclica Rerum Novarum("delle cose nuove") è un'enciclica sociale promulgata il 15 maggio 1891 da papa Leone XIII con la quale per la prima volta la Chiesa cattolica prese posizione in ordine alle questioni sociali e fondò la moderna dottrina sociale della Chiesa].

Dimostrò sensibilità per i problemi sociali, risentendo gli influssi dell'intransigentismo. Sotto il profilo istituzionale e pastorale egli tese, invece, a un rilancio della tradizione borromaica, sull'esempio dell'episcopato milanese del card. Andrea Carlo Ferrari, col quale era entrato in rapporti di amicizia. Soprattutto a Novara dovette affrontare i problemi aperti dalla questione modernista, essendovi in diocesi alcuni sacerdoti sospetti di tendenze novatrici. Nei confronti di questi ultimi dimostrò sensibilità sul piano umano e carità cristiana, stabilendo con essi rapporti personali e tentando di recuperarli a posizioni di piena "ortodossia". Per questa ragione fu accusato di scarso vigore nel combattere il modernismo e dovette superare, con sofferenza, una visita apostolica tesa, tra l'altro, a chiarire la fondatezza di certe accuse integralistiche rivolte contro la sua persona. A Novara si impegnò a favore dello sviluppo dell'Azione cattolica e in particolare dell'associazionismo giovanile, che conobbe un notevole incremento; promosse inoltre la stampa cattolica.

Alla vigilia del primo conflitto mondiale assunse una posizione neutralista: ciò gli attirò accuse di anti patriottismo e gli valse severi controlli da parte della polizia. Nell'immediato periodo postbellico favorì lo sviluppo dei sindacati cristiani e fece giungere il suo sostegno al Partito popolare.

A ciò non era estranea la preoccupazione di non perdere i contatti colle masse e di contrastarvi la penetrazione socialista. In effetti era presente la diffidenza, di matrice intransigente, per il liberalismo e per il socialismo, nonché la convinzione che la "restaurazione religiosa della società" dovesse avvenire per opera dei cattolici stessi. Di qui l'attenzione per il Partito popolare di Don Luigi Sturzo e la diffidenza verso il fascismo.

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Questa linea fu confermata a Torino, diocesi di cui venne designato arcivescovo il 12 dicembre 1923. Gli avvenimenti del 1924, e più ancora degli inizi del 1925, mostrarono, però, che le posizioni di aperto sostegno al sindacalismo cattolico e di più cauto appoggio al Partito popolare non potevano essere perseguite indefinitamente. La via battuta da Don Giuseppe Gamba, con la collaborazione del suo provicario generale Giovanni Battista Pinardi, fu allora quella di apprestare una solida linea di arroccamento al movimento cattolico. In questo contesto un ruolo decisivo era destinata ad assumere l'Azione cattolica.

Don Giuseppe Gamba dedicò notevoli cure, rafforzandone la struttura piramidale, che aveva il suo asse portante nella linea: direttore (carica ricoperta al momento da Don.Giovanni Battista Pinardi), giunta diocesana, segretariati, i quali, affidati a uomini di curia e potenziati, erano ben in grado di svolgere una funzione di imbrigliamento delle forze centrifughe. L'Azione cattolica si presentava quindi come un'organizzazione fortemente accentrata nelle mani dell'arcivescovo e nello stesso tempo sufficientemente duttile; capace di svolgere una funzione di sostegno del Partito popolare e della Unione del lavoro prima, quindi di graduale assorbimento delle principali istanze presenti nel mondo cattolico.

Tale evoluzione si trova riflessa nelle pagine del Corriere, che se ne faceva nel contempo strumento e copertura sul piano ideologico; il giornale, espressione dei vescovi e delle giunte diocesane del Piemonte, nacque sullo scorcio del 1924, adottando una linea democratica e antifascista. Pur non potendosi certo definire "popolare" in senso stretto, tale venne sempre considerato dai fascisti e dai clerico-fascisti del Momento, che condussero contro di esso durissime campagne, non peritandosi di richiedere l'intervento vaticano. Il quotidiano venne attenuando alquanto le proprie posizioni nel corso del 1926; tuttavia ciò non valse a salvarlo dal decreto di sospensione che lo colpì, insieme con tutta la stampa antifascista, nel novembre 1926.

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Le trasformazioni avvenute sul piano istituzionale, in seguito all'attentato Zamboni, e l'inevitabile logorio cui erano stati sottoposti i popolari moderati, che avevano sopportato, anche formalmente, il peso maggiore della ristrutturazione in atto nel mondo cattolico e che continuavano a essere irrimediabilmente invisi al fascismo, dettarono a Giuseppe Gamba una nuova sofferta svolta. Questa comportò un ulteriore rafforzamento sul piano istituzionale; l'eliminazione di ogni contrasto col fascismo; la liquidazione degli ex popolari dai vertici dell'organizzazione diocesana. Di ciò risentì soprattutto la Gioventù cattolica, la più vivace delle organizzazioni diocesane dell'Azione cattolica, nei confronti della quale si procedette a una difficile normalizzazione. Era sintomatico, peraltro, che questa fase corrispondesse all'affermarsi di posizioni dichiaratamente integraliste come quelle di C.Lovera di Castiglione, che divenne consigliere ascoltatissimo di Don. Giovanni Gamba e a cui fu demandata la gestione della nuova linea; mentre, come segno dell'ormai definitiva distensione nei confronti del fascismo, nel giugno del 1927 l'ex popolare G. Colonnetti veniva sostituito ai vertici della giunta diocesana con il canonico F. Imberti, fratello del podestà di Cuneo.

Agli interventi in questi settori Giuseppe Gamba, insignito della porpora cardinalizia il 22 dicembre 1926, veniva affiancando un complesso lavoro di ristrutturazione sul piano pastorale e istituzionale della Chiesa torinese e lo sforzo di omogeneizzazione e unificazione degli atteggiamenti dell'episcopato piemontese.

In ambito diocesano, a mano a mano che i problemi posti dai rapporti con il potere politico si facevano meno urgenti, l'attenzione dell'arcivescovo si venne progressivamente rivolgendo allo sviluppo delle missioni, attraverso la rivitalizzazione della Pia Opera e la costituzione degli oblati di San Giuseppe; all'erezione di nuove parrocchie e agli studi per la revisione del territorio di quelle del capoluogo piemontese; alla raccolta di fondi per la costruzione di un nuovo seminario; al restauro del duomo quattrocentesco di Torino. Sul piano regionale egli promosse conferenze episcopali annuali e organizzò il primo concilio plenario piemontese, svoltosi a Torino dall'11 al 13 ottobre 1927: esso intervenne, in particolare, negli ambiti della predicazione, dell'insegnamento della dottrina cristiana, delle missioni al popolo, della disciplina del clero e dei laici.

La morte colse Mons.Giuseppe Gamba a Torino il 26 dicembre 1929, mentre stava preparando il sinodo diocesano.

Fonte: http://www.treccani.it/ (URL del 26/08/2016)


Il Vicario, Mons. Giuseppe Gamba, fu colui al quale Teresa Valsania, la mamma "adottiva" di Maria, dopo aver preso consapevolezza di esser vicina alla morte (infatti si era era ammalata di tubercolosi) gli scrisse una lettera  pregandolo di accettare la bambina presso l' Istituto di Santa Chiara. Dopo il colloquio con  Maria, e successivi consigli "Consiglio d' Istituto", la bambina fu accettata presso l'istituto di Santa Chiara;  il 23 ottobre 1900 entrò in Santa Chiara, Mons. Giuseppe Gamba ne fu il suo primo Confessore.


Secondo confessore:

Don Giovanni Medico
(1855-1920)

Nacque a Castello d' Annone, nel 1855, e gli fu posto il nome di Giorgio. Rimasto, ben presto, orfano di padre, che morì in un incendio per salvare una persona, diventò il responsabile principale della sua famiglia, lavorando nei campi. Riformato alla visita di leva, fu notato da Don Giuseppe Marello, suo confessore e insegnante di catechismo.

Giovane piissimo, nel novembre 1877, entrò nel Seminario di Asti, ma, due mesi dopo, fu costretto ad uscirne e ad interrompere gli studi, per la poca salute e  per gli scarsi mezzi finanziari.

Tutto, in questa nuova veste, concorreva a spingerlo sulla via della santità. Innalzato da Dio a un grado elevato di orazione, non solo attendeva, con fervore, a tutti gli esercizi di pietà, praticati nella Congregazione, ma passava lunghe ore ai piedi di Gesù Sacramentato. Insegnava il Catechismo in varie Parrocchie della città e serviva Messa in Duomo. ll Marello lo mandò a fare il mese di Maggio nel piccolo Santuario della Madonna della Mercede, al Vallone di Antignano, che egli, pochi anni prima, aveva comprato da un proprietario privato e aperto al pubblico.

Nel 1880, riprese gli studi e nel 1888, venne ordinato Sacerdote. Quando gli Oblati lasciarono il Michelerio e si trasferirono a Santa Chiara, venne incaricato dell' assistenza ai giovani. Passò, poi, a fare l'economo della Casa, e si occupò, anche dello Ospizio dei Cronici. Morì nel 1920.

A Santa Chiara, Don Giovanni Medico, fu una delle prime persone, a conoscere Maria Tartaglino, della quale ne seguì la direzione spirituale, fu quindi il secondo Confessore Spirituale della giovane, rendendosi conto di seguire un anima molto particolare, ad un certo punto, preferì raccomandare Maria alle cure di un altro sacerdote di Asti, don Placido Botti, viceparroco della chiesa di Santa Caterina(AT),  il quale risiedeva stabilmente nella città. Maria era per nulla d'accordo alla proposta, ma per obbedienza accettò.


Terzo confessore:

Don Placido Botti

(1855-1960)

Nacque ad Asti, il 6 marzo del 1885, ordinato Sacerdote nel 1908, dal Vescovo di Asti, Mons. Giacinto Arcangeli.

Era un sacerdote secolare, appartenente alla Congregazione dei Sacerdoti di Costigliole (AT), il suo ministero iniziò nel 1908 come viceparroco a Santa Caterina (AT), fino al 1919.

Nel 1914, venne presentato a Maria Tartaglino, da Don Giovanni Medico, di cui divenne Confessore e direttore Spirituale  (fino al 1936).

Nel 1919  fu trasferito a Rocca d'Arazzo (AT) come vicario foraneoarciprete  fino al 1955.

Maria Tartaglino mantenne i contatti in modo epistolare, scrisse circa 450 lettere, nelle quali confidava gli eventi della sua vita e chiedeva aiuto e indicazioni.

Nel 1944, confessò, in punto di morte la Tartaglino,  dopo una allontanamento di otto anni, avvenuto per motivi indipendenti dalla loro volontà.

Nel 1955 dovette rinunciare, per motivi di salute, alla Parrocchia di Rocca d' Arazzo (AT), per ritirarsi nella " Piccola Casa della Divina Provvidenza" di Torino, conosciuta anche con il nome di Cottolengo, nonostante i problemi di salute, porta avanti il  ministero sacerdotale a Pinerolo poi a Saint Vincent (AO).

Per problemi di salute, rientra in modo stabile a Pinerolo, poi  ricoverato all’Ospedale Piccola Casa della Divina Provvidenza di Torino (Cottolengo), fino alla morte, sopraggiunta il 23-5-1960.


San Giuseppe Marello

(1844 - 1895)

Fondatore Oblati di San Giuseppe e Istituto di Santa Chiara

Vescovo, fondatore della Congregazione degli Oblati di San Giuseppe Marello, nato a Torino il 26 dicembre 1844, trascorse la fanciullezza a San Martino Alfieri, nelle vicinanze di Asti.

La devozione che egli nutrì verso Maria Santissima fu determinante nella scelta e nella fedeltà alla vocazione.

Entrato nel seminario di Asti, divenne l'animatore dei suoi compagni nei propositi di bene e di santità.

Con alcuni di essi si legò con vincolo di profonda amicizia, inducendoli a darsi una regola di vita molto esigente e a viverla insieme, in preparazione all'ordinazione e al servizio presbiterale.
Ordinato sacerdote il 19 settembre 1868, visse il ministero sacerdotale nella Diocesi di Asti, in un primo tempo come segretario del Vescovo, in seguito attendendo alle attività della Curia. Si dedicò con zelo alle confessioni, alla direzione spirituale, alla catechesi. Particolare amore pose nella formazione morale e religiosa dei giovani; per i giovani operai organizzò corsi di catechismo serale. Era sempre pronto a venire in aiuto al clero della Diocesi nel ministero pastorale. Si dimostrò sensibile verso gli anziani, facendosi carico di una Casa di riposo, che non aveva mezzi per assistere i ricoverati.  Si adoperò nell'impegnare il laicato nelle varie iniziative cattoliche che andavano sorgendo, per sostenere la persona e l'azione del Papa in momenti difficili per la Chiesa.
Intanto egli nutriva in sé un profondo desiderio di dedicarsi totalmente al Signore in una trappa. Il suo Vescovo, Mons. Savio, lo dissuase, dicendogli che il Signore richiedeva altro da lui. Volle trasmettere questa sua aspirazione di dedizione totale al Signore progettando una nuova Famiglia religiosa, che facesse rivivere nella città di Asti la vita religiosa maschile, soffocata dalle leggi eversive del tempo.
Il 14 marzo 1878 fondò la Congregazione degli Oblati di San Giuseppe; ad essa propose come modello San Giuseppe nella sua relazione intima col Divin Verbo e nel "curare gli interessi di Gesù".
Ai suoi Oblati, Sacerdoti e Fratelli, affidò in modo particolare la diffusione del culto a San Giuseppe, la formazione della gioventù e l'aiuto ministeriale alle Chiese locali.
Durante il Concilio Vaticano I il Cardinale Gioacchino Pecci ebbe modo di apprezzare le doti e le virtù del giovane Don Giuseppe Marello, che accompagnava il suo Vescovo come segretario. Eletto Papa col nome di Leone XIII, il medesimo Cardinale Pecci lo volle Vescovo di Acqui, convinto di dare a questa Diocesi una perla di Vescovo.
Preso possesso della Diocesi, Giuseppe Marello, nuovo Vescovo, volle rendersi presente in tutte le Parrocchie attraverso le visite pastorali. Si fece prossimo a tutti, adoperandosi per creare l'unione degli animi tra il clero e i fedeli.
La sua azione pastorale mirò a far crescere l'istruzione religiosa attraverso l'insegnamento del catechismo, l'educazione cristiana della gioventù, le missioni, la testimonianza cristiana.
Morì il 30 maggio 1895 a Savona dove si era recato, nonostante le precarie condizioni di salute, per prendere parte alle manifestazioni del terzo centenario della morte di San Filippo Neri.
Perdurando dopo la morte la fama della sua santità, testimoniata anche dalle numerose grazie ottenute, furono avviati i processi informativi. Il 28 maggio 1948 fu introdotta la Causa di Beatificazione e il 12 giugno 1978, alla presenza del Papa Paolo VI, veniva letto il decreto sull'eroicità delle virtù. Giovanni Paolo II lo ha proclamato Beato in Asti il 26 settembre 1993, additandolo ai Pastori del popolo di Dio, ai suoi Oblati ed ai fedeli come esempio e modello di carità verso tutti e di instancabile e silenziosa operosità a favore dei giovani e degli abbandonati.
Con solenne decreto del 18 dicembre 2000, il Santo Padre Giovanni Paolo II ha dichiarato che "è stato accertato il miracolo operato da Dio per l'intercessione del Beato Giuseppe Marello, Vescovo di Acqui, Fondatore della Congregazione degli Oblati di San Giuseppe: cioè, la guarigione improvvisa, completa e duratura dei fanciulli Alfredo e Isila Chávez León, ristabiliti entrambi nello stesso tempo da broncopolmonite con febbre alta, dispnea e cianosi in pazienti con denutrizione cronica".
Dopo il riconoscimento di questo miracolo, il 13 marzo 2001, nel corso del Concistoro ordinario pubblico per la Canonizzazione di alcuni Beati, Giovanni Paolo II ha solennemente pronunciato la Sua volontà: "Per l'autorità di Dio Onnipotente, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra,  decretiamo che ...il Beato Giuseppe Marello... sia iscritto nell'Albo dei Santi il giorno 25 novembre 2001".

Fonte: http://www.vatican.va (URL del 26/08/2016)

Maria Tartaglino, il 23 ottobre 1900, entrò nell'Istituto di Santa Chiara, accettata tra le Figlie di Sant'Anna: era questa una istituzione fondata da Don Giuseppe Marello, annessa alla congregazione degli Oblati. Comprendeva ragazze e donne orfane che non desideravano assumere i voti, ma nemmeno tornare nel mondo: dovevano provvedere al servizio domestico degli Oblati e occuparsi della Casa e dell' Ospizio di Santa Chiara. Anche se la Tartaglino non conobbe direttamente Mons. Marello, lo pregò continuamente e fu da lui consolata, apparendole in numerose visioni estatiche.


  • A sinistra:
    Padre Lorenzo di San Basiglio. 
    Inviato dal Sant'Uffizio per il fatto del Sanguinamento.
  • A destra (col copricapo):
    Padre Mario Martino.
    Rettor maggiore degli Oblati di San Giuseppe e Istituto Santa Chiara.

TESTIMONI AL PROCESSO

Fotofrafie disponibili dei testimoni

Sig.ra Maria Mortera

Vicina di camera di Maria Tartaglino, anch'ella ospite presso l' Istituto Santa Chiara, assistette ai sanguinamenti del Crocifisso.


Suor Elisa Piacentino (1874 - 1960)

Nata nel 1874, era una suora appartenente all'Opera Pia Milliavacca, di cui, poi, divenne Madre Superiora. Il confessore di Maria  Tartaglino, Don Placido Botti, appartenente al Clero secolare, affidò a Suor Elisa il delicato compito di controllare le stigmate, oltre ad altri segni della Passione di Gesù, comparsi a Maria Tartaglino. Suor Elisa ne diede regolari relazioni al Sacerdote assolvendo la pieno la sua funzione.

Suor Elisa regalò a Maria Tartaglino un crocifisso, il  Crocifisso che, poi, emise sangue nell'Anno Santo 1933; la Tartaglino e Suor Elisa tennero un rapporto epistolare intenso, come attestano le 152 Lettere che Maria scrisse le scrisse, dal gennaio 1921 al febbraio 1934. 

Suor Elisa morì nel 1960.


Suor Giuseppina Garabellonio

Assistette Maria durante la degenza a Rocchetta Tanaro (AT) e fu presente al sanguinamento del crocifisso, inoltre fu interrogata al processo diocesano in qualità di testimone.


Scritto di Maria Tartaglino, la particolarità era nel modo col quale scriveva, infatti, era tutto "current mano", ossia di getto, non utilizzava la punteggiatura, anche perchè oggettivamente non aveva una cultura tale da esser in grado di gestirla, rileggeva mai cosa scriveva, infatti, diceva che se avesse riletto, avrebbe strappato tutto. I fatti, ossia i suoi scritti svelano il motivo, avrebbe strappato tutto perchè erano e sono parole profonde e ricche di significato, per questo  Maria, per il timore di apparire saccente e superba, le avrebbe straccate: ... per fortuna non ha riletto.

Dimensioni cartaceo: 15 x 12 cm


GAZZETTA D'ASTI   riportante il fatto del crocifisso.

Scorrendo l'articolo, vengono riportate tre date: 1535 - 1728 - 1933, sono le date nelle quali si sono verificati eventi pari a quello certificato dal processo diocesano.

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CAMERA DA LETTO ORIGINALE

Fotografia della camera da letto di Maria Tartaglino.

Sulla sinistra, il comodino dove era presente il crocifisso oggetto del processo diocesano.

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RICOSTRUZIONE
DELLA CAMERA DA LETTO

La camera originale è andata distrutta,  la riproduzione è inserita all'interno del museo di Asti dedicato a Maria Tartaglino.

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Durante l'interrogatorio, al punto 8, Maria afferma di fare lavori di cucito.

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Lavori di Maria Tartaglino, sono visibili presso il museo di Asti a lei dedicato


Il CROCIFISSO

RADIOGRAFIA DEL CROCIFISSO

Elemento del processo diocesano;

"... L' ipotesi di una precedente immissione di sangue umano nell'interno del Crocifisso, dal quale, poi, potesse sgorgare, è esclusa categoricamente dalla perizia merceologica e radiografica assunta in Processo. 

Mentre, infatti, la perizia radiografica ci assicura perfettamente sulla assenza di cavità interne del Crocifisso, quella merceologica ci informa che il potere assorbente della scagliola è minimo”.


IMMAGINETTA DEVOZIONALE

IMMAGINETTA: FRONTE

Copia della fotografia effettuata dal rettore della casa, raffigurante il crocifisso.

L' immagine riposta sul retro la sintesi del storia del Crocifisso, in calce è presente la scritta: "Con permessione ecclesiastica".

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IMMAGINETTA: RETRO

Retro dell' immaginetta del Crocifisso, il testo racconta in breve la storia del fatto oggetto del processo diocesano, il testo riporta in calce la scritta:

"Con permissione ecclesiastica".

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FOTOGRAFIE DELLE DUE EMISSIONI

(11 agosto - 17 settembre 1933)

Fotografie raffiguranti i due eventi, definiti, dalla sentenza "umanamente inspiegabili"

Foto scattate da Padre Mario Martino, rettore della casa.

Sul retro dell' immagine è presente la scritta: "Con permissione ecclesiastica".

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Le lettere

Lettere ricevute da Maria Tartaglino dopo il fatto del sanguinamento del crocifisso.

La foto è stata scattata nel museo di Asti.


Fotografia con le copie delle lettere che Maria Tartaglino inviò al Padre spirituale Don Placido Botti  a seguito del suo trasferimento come Vicario foraneo (Sacerdote responsabile di più parrocchie) presso Rocca d' Arazzo (AT), oltre 450 lettere.


Padre Mario Martino

(1884-1972)

Rettore della casa degli Oblati di San Giuseppe.

Padre Mario Martino con in mano una  pezzuola tinta del sangue delle stigmate,
di queste è  stata fatta menzione nella bibliografia. 

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Nacque a Ciglione, in provincia di Alessandria, il 3 marzo 1884, terzo di 12 figli. 

Dal 1892 al 1897 vivono nelle privazioni, il periodo storico era difficile e faticoso, sia sotto sotto l'aspetto lavorativo che economico,il padre emigra all'estero in cerca di lavoro e la madre ha problemi di salute.

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A 5 anni, si avvicina alle Suore, Madri Pie di Ovada (scarica - visualizza il *pdf sulla storia delle "Madri Pie di Ovada"), che sono le maestre del paese, e si lega di particolare devozione al Parroco di Ciglione.

Si reca spesso dalle Suore, ascoltandone il loro insegnamento, le aiuta nelle piccole commissioni diventando poi il loro  commissioniere.

Mario, così, conosce sempre più Gesù, dal quale è dolcemente attratto, e impara a volergli bene. 

Nel 1892, a 8 anni, riceve la Prima Comunione; va a scuola e, sempre dalle Suore e dal Parroco, si perfeziona nella lingua italiana e apprende le prime nozioni di latino. 

Il 20 agosto del 1894, nella festa di S. Bernardo, riceve la Cresima dalle mani di Mons. Marello: 

Nel frattempo, gli giunge eco di quanto operano ad Asti gli Oblati di San Giuseppe, sa che Mons. Marello, in Asti, dal 1879, ha aperto a Casa di San Giuseppe, si fa strada in lui l' idea di consacrarsi a Gesù, nella vita religiosa e nel sacerdozio. 

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Così, nell'ottobre 1897, Mario, a 13 anni, entra tra gli Oblati di San Giuseppe, nella loro Casa di Asti, detta " di Santa Chiara ";  è, un seminarista e un postulante alla vita religiosa, e, perciò, si sente in dovere di riprendere gli studi.

Il 18 settembre 1898, veste, per la prima volta, l'abito religioso e inizia il noviziato.

Nel 1900, si ammala: compaiono frequenti cefalee, non ce la fa a  studiare, nè a leggere, nè a condurre una vita regolare da giovane religioso. Ne soffre molto, temendo di non riuscire a diventare sacerdote, per il motivo degli studi teologici ... ; chiede, allora, ai superiori, di essere accolto in Congregazione, anche come  " Fratello Coadiutore ", dedicandosi ai lavori più umili e vivendo nel nascondimento, 

Il 14 agosto 1901, vigilia dell'Assunta, Mario Martino è ammesso alla prima professione religiosa.

Nel 1903, come "Fratello Coadiutore", è mandato al Santuario della Madonna della Provvidenza, a Cussanio (CN), dove conosce Padre Enrico Carandino. Qui, l'anno seguente, è ammesso alla professione religiosa perpetua: ora, è tutto di Gesù, tutto della Chiesa e della Famiglia religiosa che lo ha accolto!

Contemporaneamente, sparisce il mal di testa e, il 17 settembre 1904, viene inviato in Toscana, a Pontremoli, in una Casa degli Oblati, dove comincia gli studi teologici.

Nel 1906, riceve la tonsura e gli Ordini Minori, diventa suddiacono e diacono; infine, il 16 marzo 1907, è ordinato sacerdote. Sempre a Pontremoli, collabora con il direttore dell'oratorio dei ragazzi ed è  assistente dei seminaristi che iniziano il loro cammino.

Nel 1908 è nominato Rettore della Casa, viceparroco della parrocchia di S.Pietro e, nel 1910, economo spirituale a Bassone.

Pur ricoprendo queste cariche, continua ad insegnare il Catechismo di
San PioX ai bambini, per prepararli alla Prima Comunione e alla Cresima, ai ragazzi e, anche, agli adulti.

Nel 1914, scoppia la Prima Guerra Mondiale.

In quell'anno, Papa Benedetto XV pubblica il Codice di Diritto Canonico.

Soffre per i suoi parrocchiani che sono al fronte, provvedendo, come può, a loro e alle famiglie.

Il conflitto termina nel 1918, ma scoppia, quasi subito, l'influenza spagnola.

Don Mario si dedica al servizio di tutti malati e moribondi, somministrando i Sacramenti e aiutando le anime a convertirsi.

Nel 1921, viene nominato, dal Capitolo Generale della Congregazione, economo della medesima

Il 27 luglio, lascia Pontremoli per stabilirsi ad Asti, in Santa Chiara, dove è Rettore Don Pietro Bianco.

Provvede ad amministrare tutte le Case degli Oblati, da Asti alle lontane Filippine, e cresce il suo prestigio, in Congregazione e fuori; ottiene nomine ovunque, da Roma a Senigallia, e viaggia spesso, a Loreto, Pompei, Catania, Assisi, Varallo, Caravaggio.

Nel Capitolo del 1926, viene rieletto economo 

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Il 19 luglio 1932, Padre Mario Martino viene eletto Rettore Maggiore della Casa degli Oblati di Asti: ha 48 anni. La sua nomina viene benedetta dal Pontefice, Pio XI, e da numerose autorità romane, nonché dal Vescovo, Mons. Rossi.

Don Mario dichiara il suo impegno fino al sacrificio e si mette al lavoro. Rivede, e porta a compimento, il Regolamento interno della Congregazione, prepara e introduce l'uso di un questionario circa l'andamento religioso, disciplinare e statistico delle singole Case, invia un Visitatore nella Missione brasiliana, procura il riconoscimento giuridico civile della Congregazione, chiude la Casa di Salò, apre una nuova Casa a Teggiano (SA), apre la Colonia Agricola di  Agliano e vende la cascina di Casa bianca. 

Poi, viene innalzato un nuovo piano di fabbricato tra il Santuario di San.Giuseppe, sorto al posto dell'antica chiesa di Santa Chiara,  e la Tipografia, che è ammodernata;  è impiantato un nuovo forno moderno per la panificazione, è costruita una lavanderia, è ampliata la cucina e sono messi i termosifoni per il riscaldamento. Inoltre, alla Fulgor (associazione sportiva locale), è ingrandita la palestra, con un nuovo teatro e rifatta la Cappella: al "Santuario Madonna della Moretta" di Alba, viene eretto il Campanile.

L'opera di Padre Martino si esplicò anche nelle Missioni estere, dove si aprirono nuovi orizzonti e nuove possibilità all'apostolato della Congregazione, con grandi frutti di bene.

Nel1921, Don Mario conosce una delle  figlia di Sant'Anna: Maria Tartaglino.

Padre Martino vivrà tutta la vicenda del Crocifisso Miracoloso che emise sangue, sarà presente al momento del ritiro da parte del Sant'uffizio, assisterà alle estasi celesti e alle lotte diuturne della Tartaglino con il demonio, scrivendo tutto quello che vedeva.

Nel 1938, dal Capitolo Generale, viene rieletto Rettor Maggiore e Don Mario riceve questa nomina come una croce da portare. Infatti, subito dopo la rielezione, avvenuta all'unanimità.

Il 1 agosto 1938, viene destituito, per decreto cardinalizio: l'anno seguente, gli si ingiunge di tacere ai confratelli le motivazioni della condanna, che erano: "per ritenute commesse imprudenze nella questione del Crocifisso" .

Quando la Tartaglino, nel 1944, ormai vicina a morire, va a Rocchetta Tanaro, Don Mario è presente al suo capezzale e assiste all'ultima estasi,in cui Maria dichiara: "Gesù crocifisso ritornerà, Gesù farà meraviglie! Padre Martino è  stato forte!  Incrollabile, incrollabile!  il padre solo!  La verità è sua!".

 Il 1° settembre 1944, la Tartaglino esala l'ultimo respiro, ma, prima di morire, lascia Don Mario erede di tutte le sue cose, dei suoi scritti e, soprattutto, della sua missione, ossia di pregare per la salvezza delle anime, e soprattutto per le anime dei sacerdoti.

Nel 1968, si inaugura, ad Asti, il nuovo Pensionato Mons. Marello, mentre, in Corso Alfieri, sorge un nuovo edificio al posto dell'antico complesso di Santa Chiara: Don Mario, a 84 anni, entra nel Pensionato, muore all'età di 88 anni il 13 gennaio 1972, alle 4 del mattino nella sua stanza della pensione di Asti.


Maria Tartaglino
(1887 - 1944)

 

Maria Tartaglino  prega davanti al crocifisso della sua camera.
E' la riproduzione esatta della fotografia scattata il 26 giugno 1927, controvoglia della Tartaglino, del tutto riluttante a farsi fotografare;
si arrese dopo aver pianto, alle insistenza della Suora, Suor Elisa Piacentino, sua amica, che poi, quando la Tartaglino ebbe le stigmate fu incaricata dal confessore della Tartaglino di controllarle.

Ebbe le stigmate: al cuore, alle mani, ai piedi al capo, come Gesù.

Il crocifisso è quello che poi emise vivo sangue nei giorni 11 agosto e 27 settembre 1933.

Il fatto è stato dichiarato solennemente miracoloso dal Vescovo di Asti
Mons. Umberto Rossi dopo regolare " processo Diocesano" del tribunale ecclesiastico di Asti.

Esposto alla venerazione dei fedeli nel Santuario di San Giuseppe  di Asti, dal vescovo in persona Mons.Umberto Rossi, fu presto ritirato dal Sant’Uffizio e portato a Roma, per verifiche ed accertamenti.

Il fatto del sanguinamento del crocifisso è stato definito soprannaturale dell'organismo competente della chiesa, "la sentenza" del tribunale ecclesiastico di Asti non è stata mai messa in discussione, quindi il crocifisso è mai stato sconfessato.

Si attende la sua restituzione.

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