Maria Tartaglino

Asti: 17/09/1887 - 01/09/1944

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IL CROCIFISSO

Indice

 

Mercoledì 9 agosto 1933

Maria Tartaglino ha quarantasei anni, dopo la Santa Comunione, inizia a provare una forte pena interiore, ha la sensazione che il Sacro Cuore di Gesù sia straziato alla vista degli orribili peccati e sacrilegi commessi da coloro che non temono Dio e, specialmente, dai suoi consacrati, che tradiscono la vocazione, abusando della sua bontà.
Al momento sono pene e sofferenze dello spirito, nulla di esteriore; quel giorno, Maria soffre tantissimo e può nemmeno prender cibo.


Primo sanguinamento
venerdì 11 agosto

Prova fin dal mattino un grande peso e una gran voglia di piangere; sente nuovamente la pena interiore e l‘angoscia di mercoledì 9 agosto, ma in forma più accorata; ha la sensazione che Gesù chieda riparazioni.
Maria era a letto a causa della cagionevole salute e, come poi capirà, a causa del peso che prova; dopo un breve pranzo, sente l’esigenza di pregare, si alza dal letto, sente una forza interiore che la spinge prostrarsi ai piedi del suo Crocifisso: s’inginocchia ai piedi del crocifisso per cercare conforto, ma non ci riesce, era provata al punto da non riuscire a pregare come desiderava.

ore 13

Facendo riferimento agli atti ufficiali del processo diocesano, al punto 11 dell’interrogatorio viene domandato in merito alle emissioni di sangue del crocifisso; di seguito la trascrizione:

"In esso non vi era mai stata, fino all'11 Agosto, nessuna manifestazione speciale che attirasse l'attenzione.
Fin dal mercoledì 9 agosto, avevo capito che Gesù era stato offeso; al venerdì 11, dopo la Santa Comunione, conobbi anche meglio che Gesù era stato offeso molto gravemente e domandava riparazione.

Piansi tutto il giorno e, in certi momenti, quasi non sapevo cosa mi facessi: ero come fuori di me!
Dopo pranzo, mi sentii spinta a gettarmi ai piedi del Crocifisso; mi alzai e mi prostrai ai piedi di esso, con le braccia aperte, e sentii che Gesù si lamentava che era stato sacrilegamente offerto e ricevuto e la sua Passione si era perfettamente rinnovata e domandava riparazione per il suo amore profanato. E vedevo il Redentore Crocifisso, che stava davanti a me, vivo come in un'aria moribonda, col petto che ansava. . .!

Proprio mentre suonava il tocco (erano le 13), fissai gli occhi sul costato e vidi luccicare e uscire il sangue; toccai subito col dito e lo ritrassi macchiato di sangue, mi asciugai col fazzoletto, poi, presi lo strofinaccio della polvere, lo inzuppai d'acqua, lo spremetti alquanto, lavai e asciugai il Crocifisso.

Ma, siccome non cessava, dopo un po', andai a chiamare Madama Mortera; venuta che fu in camera mia, le dissi di mettere il suo dito sul Crocifisso. Lei, dopo un po’di titubanza, lo mise e lo tolse macchiato di sangue; allora, prese della carta e asciugò il sangue, che usciva dal costato, anche con quella.

Se avessi potuto, avrei preso il Crocifisso e l'avrei riportato subito a Suor Elisa Piacentino, che me l'aveva regalato, ma non potevo muovermi di casa.

Verso le 3 del pomeriggio, ero seduta davanti al Crocifisso, che facevo l'Ora (Ora Santa), e stavo contemplando Nostro Signore; vedo, di nuovo, Gesù ansante, si riapre la ferita e ne sgorga, ancora, il sangue.

Mi sono trovata nei fastidi: ho asciugato e lavato, ma non cessava, ho usato anche dei batuffoli di cotone, sperando che assorbissero il sangue, ma tutto era inutile! Allora, lo presi e lo portai dalla Signora Mortera; passando nel corridoio e voltando il Crocifisso perché le ricoverate non si accorgessero cosa avevo in mano, caddero due gocce di sangue per terra. 

Giunta dalla Mortera, le dissi di tenerlo lei; poi, tornai indietro e, col fazzoletto bagnato nell'acqua del rubinetto, che è lì vicino, lavai le due gocce di sangue sul pavimento.

Aggiungo che c'era del sangue anche alla corona di spine, alle mani e ai piedi, ma non colava, e vi era, pure, una goccia sulla bocca".

Nonostante l’evento speciale, la vita di Maria prosegue normalmente, infatti, come riportato al punto 14 dell’interrogatorio su “quanto avvenne in seguito” è scritto:

Era già tutto combinato con le Signorine Ivaldi per andare un po’in campagna, nella loro villa di Isola d'Asti; e vi andai, difatti, il mercoledì 16 agosto.
Nel mese che stetti via, ebbi sempre l'impressione di quel Crocifisso, anche per la preoccupazione che la cosa venisse conosciuta
”.

Il Crocifisso è custodito dalla Signora Mortera, la quale, racconta l’episodio al Superiore dell’Istituto di Santa Chiara, Padre Mario Martino, il quale raccomanda di rispettare il più scrupoloso silenzio.

Secondo sanguinamento
27 settembre 1933

Facendo riferimento agli atti ufficiali del processo diocesano, al punto 18 dell’interrogatorio viene domandato in merito alla seconda emissione di sangue del crocifisso, di seguito alcune parti della trascrizione:

Il 27 settembre 1933, Maria si alzò dal letto ed inizio a fare lavori di cucito;

"il Crocifisso era al suo posto, coperto per non lasciar vedere la macchia di sangue; si trovava nel guardaroba, avvolto in un panno bianco".
Ad un certo punto Maria sente come una voce interna che le dice:
 “CHIAMA LA MIA SPOSA!”;
Maria fece finta di nulla, concentrandosi ancora di più nel lavoro, pensando ad un inganno, ma, allo scoccare delle 13 risente la voce:

“QUESTA E’L'ULTIMA MANIFESTAZIONE! DESIDERO AVERE PIU’TESTIMONI, CHIAMA LA MIA SPOSA!
 
A questo punto, dopo aver percepito per due volte la medesima ispirazione, apre guardaroba e vede il lino, che copriva il Crocifisso, macchiato di sangue. comprese che era un'altra manifestazione.
 
Maria a questo punto chiude il guardaroba e manda a chiamare Suor Garabellonio, per prudenza, fece dire che c'erano persone che l'attendevano presso la camera di Maria.

Suor Garabellonio chiese a Maria:  "dov'erano quei che l'aspettavano; io le dissi di aprire il guardaroba e, apertolo, vide il lino macchiato. Tutta impressionata, tolse il Crocifisso, lo scoprì, in parte, lo posò sul letto, col pannolino sotto, e poi si gettò in ginocchio per terra con le braccia aperte, piangendo e mescolando le sue lacrime col sangue del Crocifisso.

Io mi ritirai, in disparte, in un canto della camera. Dopo che si fu sfogata un bel po', la Suora mi disse di andare a chiamare la Madre Vicaria, Superiora delle Suore dell'Ospizio.

La mandai a chiamare, ma, anch'essa, tardò a venire; quando entrò e vide di che si trattava, fu colpita da grande ammirazione e stupore.

Poi, corse a chiamare dei Sacerdoti; ne venne, prima, uno solo, che vide anche uscire il sangue e caderne una goccia dal capo sulla spalla. Quindi, ne vennero altri e, fra di essi, Don Patrizio Garberoglio, Direttore della Casa. Finché ne furono entrati due soli, io me ne restai in un canto, ma, quando entrarono gli altri due, uscii e andai a sedermi sulla terrazza, fra l'ammirazione delle ricoverate, che, avendo visto venire da me tanti Sacerdoti, credevano che stessi male".

Fotografie della cassetta protettiva di legno che ha custodito il crocifisso.

Il Vescovo di Asti, Mons. Umberto Rossi, informato degli eventi, fa esaminare alcune crosticine di sangue coagulato all'Istituto di Medicina Legale dell'Università di Torino:
il responso che viene inviato è che si tratta di sangue umano.
Questo, il responso, a firma della Commissione Medica: Giorgio Canuto, Luigi Trossarelli e Giovanni Parato.

Il Crocifisso è anche oggetto di radiografie, eseguite da due specialisti, i quali non riscontrano anomalie; per anomalie si intendono artefatti e/o manomissioni per simulare il sanguinamento dello stesso:

"L'esame radiografico, completato da una radioscopia, permette di affermare che, nell'interno del crocifisso in questione, non esistono cavità atte a contenere qualsiasi sostanza, e tanto meno sangue, ed ancora che non esistono segni di fori che comunichino, ed abbiano comunicato, con l'interno".

Oltre a queste analisi, il Vescovo, in base alle vigenti leggi ecclesiastiche e alle direttive avute, convoca il Tribunale Ecclesiastico Diocesano, al quale dà ampio mandato ed espresso incarico di fare tutte le indagini necessarie per appurare la verità dei fatti.

Mons. Umberto Rossi, informato, convoca il Tribunale Ecclesiastico Diocesano dando l’ordine di indagare sul fatto, interrogando i testimoni oculari, ben 17, di cui 7 sacerdoti, 6 suore e 4 laici.
7 Sacerdoti, 6 Suore e 4 laici, tra cui la mamma di due sacerdoti missionari Oblati di San Giuseppe, due amiche di Maria Tartaglino e la stessa interessata.

Mentre le vicende umane prendono il loro corso, il 12 gennaio 1934, Maria accusa un vivo dolore alla spalla sinistra, dove compare una piaga aperta e tumefatta, durante una misteriosa visione della Passione di Gesù, in cui ella portava la Croce di Cristo, forse il significato della visione troverà spiegazione a partire dal 6 maggio 1934.

CONCLUSIONE del PROCESSO DIOCESANO.

Il processo si concluse il 23 febbraio 1934 con la dichiarazione di Mons.Umberto Rossi; venne stabilito che:

"La verità assoluta dei fatti è provata dalle testimonianze, numerose e incontrovertibili, raccolte sotto il vincolo del giuramento e con la più scrupolosa attenzione, da due processi: uno, fatto dal Rev.Superiore degli Oblati, Padre Martino, l ‘altro, dalla nostra Curia Arcivescovile.

Emerge, quindi, il giudizio che si tratta di miracolo di fatto soprannaturale, una grande gloria e una grande misericordia per la congregazione degli Oblati di San Giuseppe, per la città e per la Diocesi di Asti".

SENTENZA DEL TRIBUNALE ECCLESIASTICO:
FATTO VERO E REALE.

Dal fascicolo del processo diocesano sul fatto del doppio sanguinamento del crocifisso:

  1. Si tratta di fatto vero e reale, comprovato dal numero e dalla credibilità dei testimoni;
  2. Il liquido sgorgato dal Crocifisso è vero sangue umano, comprovato, oltreché dalla constatazione dei testi, anche, e soprattutto, dall'analisi eseguita nell'Istituto di Medicina Legale della Regia Università di Torino.
  3. Si esclude assolutamente il trucco e la mistificazione, sia per la natura del fatto considerato in tutte le sue circostanze, sia per la qualità delle persone che ebbero rapporto col fatto stesso.
  4. Si tratta di fatto straordinario e non spiegabile umanamente con le sole forze naturali.
 
 

INTRONIZZAZIONE DEL CROCIFISSO.

Il 9 marzo 1934, il Crocifisso viene intronizzato ed esposto alla venerazione dei fedeli nel Santuario si San Giuseppe, alla presenza di circa 10.000 persone, provenienti da Asti, dalla Diocesi, dal Piemonte e da molto più lontano.
Mons. Umberto Rossi tiene un discorso illuminato e infiammato, da ricordare la presenza di un sacerdote domenicano, Padre Rinaldo Giuliani [*], il quale ha toccato molti cuori parlando di Gesù Eucaristico: "Gli ascoltatori furono così numerosi attorno al suo pulpito che poi assediarono il suo e gli altri confessionali."

[*]Fonte: www.collevalenza.it   Vai alla rivista del Sito

Dall’intronizzazione per due mesi, si moltiplicano le dimostrazioni di fede e di pietà intorno al Crocifisso.

Tutti i giornali ne parlano; da ogni parte del mondo arrivano, ad Asti, pellegrini. 

Il Santuario di San Giuseppe diventa, così, la mèta di numerosissimi pellegrini; non dimentichiamo che si sta chiudendo l’Anno Santo straordinario (1933, perché ricorda gli anni di Gesù), per cui la gente, andando o tornando da Roma, passa da Asti a venerare il Crocifisso che ha emesso sangue più volte.

I confessionali sono presi d’assedio e avvengono numerose conversioni.

La stampa, italiana ed estera, ne parla: Asti piomba al centro del mondo.

Maria Tartaglino è intimorita dalla celebrità che il Crocifisso le ha procurato, vorrebbe sparire, pensa, addirittura, per avere un po' di tranquillità di farsi ospitare presso la "Piccola casa della Divina Provvidenza" di Torino, così da esser messa in secondo piano, ma alla fine affronta tutto rimanendo al suo posto, per dirla in con altre parole, affronta gli eventi, gli apprezzamenti, le esternazioni delle persone, malgrado il disagio che le comportavano, infatti aveva timore di inorgoglirsi (cosa che mai successe). 

Padre Mario Martino, il Rettore Maggiore degli Oblati di San Giuseppe e responsabile della casa, pur seguendo la regola della moderazione e della "santa prudenza", prova una gioia intima e profonda per il dono singolare che Dio ha fatto alla sua Congregazione.

 

Foto  scattata in occasione dell'intronizzazione del crocifisso presso il Santuario di San Giuseppe in Asti.

 

MOVIMENTI DA ROMA

24 aprile 1934

Arriva in città, inviato dal Sant’Uffizio un padre carmelitano, Lorenzo di San Basilio, come Visitatore Apostolico presso il Santuario di San Giuseppe di Asti per occuparsi personalmente del Crocifisso. Padre Martino lo accoglie con rispetto ma lo dissuade dal togliere il Crocifisso dal Santuario: fa presente di non aver ancora ricevuto copia della sentenza emessa dal Tribunale Ecclesiastico di Asti, documento ecclesiastico fondamentale per lui e per il Sant’Uffizio.
I fatti dimostrano che il Processo Diocesano e la relativa sentenza non erano di suo interesse.

 

6 maggio, di notte.

Il Crocifisso viene ritirato dal Santuario.

In quel frangente è presente tutta quanta la Comunità degli Oblati; poi, il Crocifisso, rimosso, viene portato nella Curia Vescovile.


Non è intenzione dello scrivente supporre macchinazioni, ma sono quantomeno interessanti i modi del ritiro; il caso … ha voluto che una persona fosse inviata a ritirare il Crocifisso nel frangente tecnico di trasmissione della documentazione tra il Tribunale Ecclesiastico di Asti e il Sant’Uffizio, sarà una coincidenza…, sembra che il processo diocesano non sia stato considerato.


 

4 luglio 1934.

Mons. Umberto Rossi comunica alla Diocesi che il Sant’Uffizio ha avocato a sé l’esame e il giudizio definitivo sul prodigio del sanguinamento e affida il Crocifisso, con alcuni oggetti e uno scritto di Maria Tartaglino sulla mistica, a un altro inviato speciale del Sant’Uffizio, Mons. Dal Piaz, che li porta a Roma.

Inoltre, sempre il Vescovo, ordina, in obbedienza alle indicazioni ricevute, che:

  • In "Santa Chiara" vengano distrutte le immagini e i libri riguardanti il Crocifisso; così, nel cortile dell‘Istituto, è acceso un enorme falò per bruciare le cose suddette.

Nello stesso tempo,

  • Viene proibito a Don Placido Botti, Confessore della Tartaglino, a Padre Martino e al Canonico Barosso, Rettore del Santuario della Madonna del Portone, di occuparsi della direzione spirituale di Maria e di avere con lei alcuna interazione.
  • Maria Tartaglino è accusata di essere una psicopatica in preda a crisi isteriche e di aver, in questo modo, inventato l‘episodio del sanguinamento; ma l’accusa è smentita dal certificato medico emesso da una Commissione di Professori che l’hanno visitata già il 19 marzo 1934, dichiarandola del tutto sana, normale e di giusto equilibrio.


In seguito, si viene a sapere che il Sant’Uffizio è stato vittima di un fatto a dir poco sgradevole: era stato inviato un certificato medico falso.


Il Crocifisso è portato via

La partenza del Crocifisso per Roma è seguita da una serie di eventi sfortunati per i testimoni della verità (il processo stabilì che si trattava di fatto "vero e reale) ":

  • La Tartaglino è vittima d'ingiurie, calunnie e infamie; lo stesso avviene per i Padri Giuseppini, che, anzi, sono accusati di aver inventato la storia del sanguinamento per far fronte a difficoltà economiche e salvare, così, il bilancio della Congregazione.
  • Don Placido Botti è inviato, come Vicario Foraneo, nella Parrocchia di Rocca d’Arazzo (AT).
  • Nel 1938 il Rettor Maggiore Padre Martino, subito dopo la rielezione, è rimosso senza motivo plausibile dall’incarico.

Come scritto dal biografo Padre Angelo Rainero:

"Contro la Tartaglino (e anche contro gli Oblati di San Giuseppe) si scatena una campagna di denigrazione, di vilipendio: ella, unicamente sollecita dell'amore di Dio e della salvezza delle anime, non reagì in altro modo che con la pazienza nel sopportare le ingiurie indirizzate a lei e con la riparazione di quelle scagliate contro il suo Sposo Crocifisso, al quale aveva donato tutta se stessa".

  • Gli oblati di San Giuseppe, sono accusati di aver inventato la storia del sanguinamento per far fronte a difficoltà economiche e salvare, così, il bilancio della Congregazione.

Maria Tartaglino si è impegnata, tutta la vita cercando di riportare ad Asti il Crocifisso, confortata in ciò anche dall‘amico di fede e preghiera, San Padre Pio, col quale condivise alcune bilocazioni.

Il Crocifisso emise sangue, in diverse riprese, anche a Roma, come ebbero ad assicurare alcune persone degne di fede come San Luigi Orione.

Nel mese di marzo 2014, il Crocifisso miracoloso è stato visto, da alcuni religiosi, esposto in un armadio situato nella Sala Benedetto XVI, in Vaticano.

 

Per dovere di cronaca bisogna ricordare che il documento, ossia la Sentenza emessa dal tribunale ecclesiastico di Asti, il cui mandato era stato dato dal vescovo, Mons. Umberto Rossi, ha dichiarato miracoloso il fatto.

Il crocifisso è mai stato sconfessato, quindi, stando in obbedienza al Magistero della Chiesa, è lecito parlare di miracolo: il miracolo del sanguinamento.

Come noto, i tempi della Chiesa sono lunghi, quindi si attendono ancora nuovi sviluppi;
È importante puntualizzare che gli Oblati di San Giuseppe e tutte le persone legate alla vicenda, sono state e sono in obbedienza alle indicazioni del Magistero della Chiesa.

 

Rincuoranti, sono le parole di Maria Tartaglino,
confermate anche da San Padre Pio:
"IL CROCIFISSO RITORNERA' E SARA' UN TRIONFO GRANDE!".


  • Retro di un "immaginetta" devozionale del Crocifisso prodigioso di Asti.
  • E' stampato un "Estratto della Lettera Pastorale per la Quaresima 1934" redatta dal vescovo della diocesi locale, Mons.Umberto Rossi.
  • Padre Mario Martino, rettore degli Oblati di San Giuseppe e responsabile dell' Istituto Santa Chiara, era solito firmare dove sono presenti i "puntini".
  • In calce è presente la scritta: "Con permissione ecclesiastica".

Bibliografia 

  • Atti del processo diocesano.
  • Maria Tartaglino, Ostia con Gesù Crocifisso. Paolo Risso 
  • Angelo Rainero, Maria Giuseppina di Gesù, Tip. Madonna dei Poveri, Milano, 1978.
  • Ermanno Capettini, Biografia di Maria Tartaglino, inedito.
  • P. Mario Mattino, Scritti e Testimonianze su Maria Tartaglino, inediti.
  • Maria Tartaglino, Scritti, inediti.
  • Tutti gli inediti sono conservati da Padre Alberto Chilovi, O.S.J. Parrocchia Madonna della Moretta, Alba (Cuneo).


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