Maria Tartaglino

Asti: 17/09/1887 - 01/09/1944

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IL PROCESSO DIOCESANO

Il presente fascicolo riporta la trascrizione del documento emesso dal Tribunale Diocesano di Asti in merito al fatto del sanguinamento del Crocifisso, appartenuto a Maria Tartaglino, ospite presso l’ ospizio di Santa Chiara (Asti); il regolare Processo Diocesano ebbe inizio in data 12 febbraio 1934 e si concluse, con sentenza  motivata, emessa dalla Curia Arcivescovile di Asti, in data 14 Maggio 1934.

 

All'inizio dell’ottobre 1933, giungeva al Vescovo di Asti notizia che, nel locale ospizio di Santa Chiara, si sarebbe verificato un fatto prodigioso, nel senso che, da un Crocifisso, in possesso di una ricoverata, sarebbero fuoriuscite gocce di sangue. Allo scopo di una maggiore precisazione della cosa, il Vescovo, Mons. Umberto Rossi, disponeva due inchieste, i cui i risultati confermavano la verità del fatto, talché Sua Eccellenza dava corso alla regolare procedura, costituendo il Tribunale Ecclesiastico, in data 12-2-1934, composto dalle seguenti persone:

  • Can. Prof. Vincenzo Toso, Provicario Generale, Ufficiale;
  • Can. Teol. Luigi Goria, Giudice;
  • Can. Teol. Gabriele Gamba, Giudice;
  • Mons. Can. Secondo Stella, Promotore della Fede;
  • Don Luigi Mori, Notaio,

con l’ampio mandato ed espresso incarico di fare tutte le indagini necessarie a stabilire giudizialmente la verità e la natura del fatto.
In sostanza, è risultato al Tribunale predetto che, l'11 Agosto e il 27 settembre 1933, nelle ore pomeridiane, da un Crocifisso in scagliola (gesso), di appartenenza della ricoverata Tartaglino Maria, erano sgorgate delle gocce di sangue, specialmente dall’impronta riproducente la ferita del costato di Nostro Signore.
Prima constatazione era stata quella della proprietaria del Crocifisso, la quale ne aveva subito data notizia, direttamente, alla sua vicina di camera, la Sig. Mortera Maria, che, a sua volta, ne aveva resa consapevole Suor Curcu Maria José, mentre quest’ultima ne aveva informato, tosto (subito), il Can. Giuseppe Aliberti. La Mortera confermava pienamente la versione della Tartaglino, esponendo, inoltre, la propria e diretta constatazione.
Così faceva anche Suor Curcu, la quale rendeva analoghi particolari de visu (visti), mentre il Can. Aliberti, oltre a riferire le notizie avute dalla precedente, aggiungeva di aver visto un batuffolo di cotone intriso di sangue, portogli dalla Mortera.
Questo in ordine alla prima emissione di sangue.


La seconda emissione veniva descritta come avvenuta il 27 settembre 1933, nelle ore pomeridiane, in circostanze del tutto analoghe, salvo con una maggior partecipazione di testi, quali: Maria Tartaglino, Suor Garberoglio, Suor Maria Anna Denicolai e Don Bianco, che constatarono de visu lo sgorgare e il fluire del sangue, Don Possavino, Don Garberoglio e Don Viola, sopraggiunti allorché il sangue stesso, ancor fresco, iniziava la fase di coagulazione, il Can. Barosso, Maria Mortera.
Suor Giuseppina Margherita Denicolai e Suor Consolata Aina, che assistettero al coagularsi del medesimo.

I testimoni, interrogati in questo processo, sono ben 17, così elencati:

  • TARTAGLINO MARIA;
  • MORTERA MARIA;
  • SUOR MARIA JOSE’CURCU;
  • SUOR GIUSEPPINA GARBEROGLIO;
  • SUOR MARIA ANNA DENICOLAI;
  • SUOR GIUSEPPINA MARGHERITA DENICOLAI;
  • SUOR GIUSEPPINA CONSOLATA AINA;
  • SUOR ELISA PIACENTINO;
  • DON ALFEO POSSAVINO;
  • DON LUIGI GARBEROGLIO;
  • DON MARIO VIOLA;
  • CAN. MAURIZIO BAROSSO;
  • CAN. GIUSEPPE ALIBERTI;
  • DON FILIPPO BERZANO;
  • DON ANACLETO BIANCO;
  • IVALDI VITTORIA;
  • IVALDI GIACINTA.


Sono interrogati sull'episodio del primo sanguinamento, avvenuto l'11 agosto 1933, i seguenti testi:

  • TARTAGLINO MARIA;
  • MORTERA MARIA;
  • SUOR CURCU MARIA JOSE';
  • CAN. ALIBERTI GIUSEPPE.
Sono interrogati sull'episodio del secondo sanguinamento, avvenuto il 27 settembre 1933,
i seguenti testi:
  • TARTAGLINO MARIA;
  • SUOR GARBEROGLIO GIUSEPPINA;
  • SUOR DENICOLAI MARIA ANNA;
  • DON BIANCO ANACLETO;
  • DON POSSAVINO ALFEO;
  • DON GARBEROGLIO LUIGI;
  • DON VIOLA MARIO;
  • CAN. BAROSSO MAURIZIO;
  • SUOR DENICOLAI MARIA ANNA;
  • SUOR GARBEROGLIO GIUSEPPINA;
  • SUOR DENICOLAI GIUSEPPINA MARGHERITA;
  • SUOR AINA GIUSEPPINA CONSOLATA;
  • MORTERA MARIA.

    Sono interrogati sulla figura di Maria Tartaglino i seguenti testi:
  • DON BERZANO FILIPPO;
  • SUOR PIACENTINO ELISA;
  • IVALDI VITTORIA;
  • IVALDI GIACINTA;
  • MORTERA MARIA;
  • SUOR GARBEROGLIO GIUSEPPINA;
  • SUOR CURCU MARIA JOSE';
  • SUOR DENICOLAI MARIA ANNA.

Nel corso del giudizio, tutti costoro, quindi, furono assunti, quali testi, sotto i vincoli di rito ed, inoltre, vennero interrogati su circostanze di contorno, ma, pure, influenti in causa; infine, furono ordinate quattro perizie, di cui una sulla natura del sangue fuoruscito dal Crocifisso; l'altra sulla materia stessa di cui era costituito il Crocifisso, la terza, radioscopica e radiografica, sul Crocifisso e la quarta sullo stato di salute e sulle condizioni psichiche della Tartaglino.

Tutte le testimonianze sono precise, concordanti, univoche, cospiranti in un'ammirabile identità di accertamento storico e tecnico. Non vi è, sui singoli episodi che interessano, una sola affermazione della Tartaglino che non abbia il conforto di un'immediata testimonianza di conferma e di controllo. Sia la Mortera o Suor Curcu, per il primo episodio, che Suor Garberoglio, Suor Anna Denicolai o Don Bianco per il secondo, certa cosa è che su nessun punto della causa la fiducia del Tribunale deve concentrare e affidarsi alla sola affermazione della Tartaglino, checché si voglia pensare della credibilità soggettiva di costei, della quale crede il Tribunale che, volendo, si possa anche non tener conto. Ciò che, inoltre, non può non impressionare, si è la reiterazione dell'episodio, e la reiterazione di esso con caratteri uniformi, costanti, del tutto omogenei.
La fuoruscita del sangue è percepita, nettamente, nelle sue varie fasi e, in tutte e due le volte, da tutti i presenti in modo identico, ed è, in modo sostanzialmente identico, resa, con eloquente indugio descrittivo, da tutti i testi esaminati.
Sono testi di disparate condizioni d'animo, di diversa condizione e levatura, di difformi disposizioni sentimentali e di capacità critica.
Orbene, se, ad esempio, le modalità della fuoruscita di quel sangue ci sono descritte, con identità di significato, attraverso difformità di attitudine e di capacità percettiva, non può la risultanza non avere, proprio per questo, la maggior potenzialità di persuasione.
Si pensi che a percepire quelle modalità erano presenti persone di un'ingenua esperienza, come la Mortera, e di un ben provato addestramento tecnico infermieristico, come le Suore, o assistenziale, come quello dei Sacerdoti.
Si pensi che, di quelle persone presenti, il facile entusiasmo della Mortera è controbilanciato dall'atteggiamento critico, freddo e calcolatore di Don Possavino, o la spontaneità di Don Bianco (che, nella certezza di una constatazione che non ammette dubbio, prorompe nell'esclamazione che attribuisce quel sangue a Dio) trova un netto contrasto nella posatezza del Can. Barosso, che gli permette di disporre ogni cosa per la riuscita della fotografia. Si pensi che la stessa Novizia, Suor Curcu, ha dimostrato di possedere un potere di indipendenza tale, nel suo giudizio, da indurla a discutere, davanti al Tribunale, sulle caratteristiche della fotografia.
Si pensi che, mentre Suor Garberoglio e alcune sue consorelle si sono, dopo la constatazione, abbandonate alla contemplazione estatica, vi è stato Don Possavino che ha avuto la freddezza di un'inchiesta quasi poliziesca, e Suor Maria Anna Denicolai che ebbe la prontezza di richiedere, immediatamente, la constatazione di persone autorevoli, quasi a maggior garanzia di credibilità.
Vi è anche stato chi si è appressato alla constatazione con animo non certo benevolo verso la Tartaglino, come Suor Garberoglio!
Questi sono i rilievi di sintesi, i quali concludono per un'univoca identità fenomenica, che è tutta nel senso delle affermazioni della Tartaglino.

Ma, se si scende al particolare, ancor più confortevole è il risultato dell'esame critico delle prove.
Dal modo in cui i testi descrivono il moto del sangue uscente, il colore, l'apparenza e la consistenza, dal modo come depongono sul percorso del medesimo, a quello come ne designano l'arresto e il coagulo, risulta un'identità sostanzialmente tale, che non lascia dubbio sulla verità delle testimonianze e sulla realtà inoppugnabile del fatto.

  1. Il Tribunale mette in prima linea le testimonianze delle persone, le quali affermano di aver visto uscire, sgorgare il sangue, con maggiore o minore impeto. Poiché sono queste le testimonianze, esse, unite alla prova fisica di ogni mancanza di cavità nel Crocifisso, escludono ogni trucco e dimostrano la verità del fatto prodigioso.

La Tartaglino vede aprirsi la ferita e il sangue uscire, poi, riaprirsi la ferita e sgorgare ancora il sangue; la Mortera, dopo aver toccato col dito, vede il sangue uscire e scorrere giù a grosse gocce e, verso le 3, il sangue sgorgare nuovamente; ciò è conforme a quanto asserisce Suor Curcu, che vedeva il sangue uscire piano piano, a guisa di sudor sanguigno;

Suor Garberoglio, in occasione del secondo episodio, afferma, con forza : ”IO HO VISTO PROPRIO IL SANGUE VIVO USCIRE DALLA FERITA"; anche Suor Maria Anna Denicolai dice esplicitamente: ”DALLA FERITA DEL COSTATO DESTRO USCIVA SANGUE VIVO, UNA GOCCIA DOPO L'ALTRA, CON IMPETO, COME DA UNA FERITA FRESCA.";

infine, Don Bianco, giunto più tardi, attesta che il sangue era fresco e vivo e scendeva lentissimamente, facendo la fila dalla piaga del costato giù sulla croce.

  1. Uniforme e, pure, di tanta importanza, è la risultanza testimoniale sul colore  del sangue e sulla sua consistenza e apparenza. Tutti i testi oculari immediati parlano di sangue vivo, sangue rosso vivo, sangue fresco, sangue recente.

Don Possavino attesta che il sangue era fresco fresco e si vedeva che era uscito allora allora;
Don Garberoglio non tocca il sangue perché è convinto che, se l'avesse toccato, gli avrebbe macchiato le dita;
Don Viola giunge in tempo per vedere un sangue ancora vivo, che gli dà l'impressione di aver cessato di uscire in quell'istante;
infine, il Can. Barosso, giunto circa due ore dopo, ne vede già il colore un po’nerastro a causa della coagulazione.

  1. Il percorso, poi, del sangue risulta contenuto negli stessi, identici, limiti di spazio, nonché nella precisa uguale direzione.

Esce dalla ferita del costato destro, forma, nel suo lento progredire verso l'inguine, una larga chiazza, senza soluzione di continuità, su tutto il fianco destro, per arrestarsi al limite della fascia lombare del Crocifisso, mentre è notata da tutti una parziale deviazione verso il legno della croce, che resta unita, con un filo, al Crocifisso.

La Tartaglino dice: ”IL SANGUE ERA SCESO SULLA CROCE!”;

Suor Garberoglio dice: ”UN FILO COLO’ FIN SULLA CROCE!";

Don Possavino dice: ”IL SANGUE ERA COLATO ANCHE SULLA CROCE, E CE N'ERA UN FILO ANCHE FRA IL CORPO E LA CROCE!”;

Don Garberoglio dice: ”UN FILO DI SANGUE ERA SCESO SULLA CROCE E UNIVA IL CORPO ALLA CROCE!”;

Don Viola dice: ”UN PO’ DI SANGUE ERA SCESO SULLA CROCE, PUR RESTANDO UNITO AL CORPO DEL CROCIFISSO!”.

  1. Anche l'arresto e il coagulo sono descritti con identità sostanziale. Il sangue si arresta all'estremità inferiore del fianco destro, secondo i testimoni Don Garberoglio, Don Viola e Don Possavino; vicino all'inguine, secondo Suor Curcu; fin quasi alla fascia, secondo Suor Aina. La coagulazione viene constatata contemporaneamente, se, pure, espressa con vocaboli diversi, da Suor Garberoglio, Suor Maria Anna Denicolai, Don Possavino e Don Garberoglio, mentre pur constatano uno strato di sangue vecchio e nerastro, frutto dell'emissione dell’11 agosto, i testi Don Garberoglio, Don Possavino e Don Viola. Dalle predette testimonianze, non si può che trarre una spontanea, genuina e reale percezione di uno stesso oggetto, che non può non essere una sicura e salda realtà, come s'è detto

Questo convincimento non viene tanto dall'ovvia riflessione dell'impossibilità di una collettiva allucinazione o suggestione, quanto dal necessario fatto reale che deve aver attirato ed eccitato le conformi predette percezioni.

  1. C'è un ulteriore rilievo che avvalora tutti i precedenti, ed è quello che ognuna delle emissioni ha presentato identità di comportamento e di manifestazione, mentre, ad ognuna di esse, è intervenuto quanto meno un teste, oltre agli altri, che non aveva presenziato ad una delle precedenti emissioni (all'emissione delle ore 13 e 15 dell'11 agosto, la Tartaglino e la Mortera; alle 17, la Tartaglino, la Mortera e Suor Curcu; alle ore 13 del 27 settembre, la Tartaglino, Suor Garberoglio, Suor Maria Denicolai e Don Bianco); argomento, questo che, attraverso la sostanza di identiche percezioni per parte di una pluralità di persone, di differente condizione, ribadisce l'innegabile verità del fatto attestato.
  2. Vi è un punto nel quale c'è un apparente minor consenso di testi, ed è quello di asseriti movimenti del petto del Crocifisso o, quanto meno, di movimenti delle labbra della ferita del costato e dell'ampliamento della ferita stessa. Minor consenso, si è detto, perché, se la circostanza è affermata in modo reciso da alcuni (Tartaglino, Mortera, Suor Garberoglio e Suor Maria Denicolai), essa non è negata dagli altri, in quanto ché costoro non escludono il fatto, ma asseriscono di non averlo percepito.

Il dissidio, dunque, è solo apparente, e, peraltro, dovrebbe esser risolto, a tenor di logica e di esperienza, nel senso della prevalenza della constatazione positiva e attentiva su quella negativa di non visione o, meglio, di non attenzione che è, naturalmente, meno pregevole. Aggiungasi che i testi che non affermano quel particolare, sono intervenuti in un momento posteriore o diverso da quello cui si riferisce la testimonianza degli altri testi.

Ma il Tribunale non ha bisogno di giungere a questa integrale accettazione delle affermazioni di questi testi positivi.

Gli basta fare osservare che tali testimonianze stanno a provare, ancora una volta, che quel sangue fuoriusciva come da viva sorgente, e veniva dal materiale del Crocifisso, come da un organismo vivente.

  1. Né si dica che la percezione di tutti, o di alcuni, dei testi, possa essere stata pregiudicata dalla comunicativa di altri o dall'esaltazione del momento. Ciò è escluso, sia dalla quantità di essi, sia dalla positiva emergenza che essi hanno esercitato, in quel momento, una scrupolosa e sapiente attenzione, e hanno dimostrato una pregevole presenza di spirito nel controllo di quanto avveniva, se, ad esempio, han saputo ognuno precisare in relazione a ciascun momento le persone che assistevano e quelle che cessavano di assistere all'avvenimento.

Dalle testimonianze sopra studiate, risulta che, effettivamente, dalla materia scagliola, come dalla perizia Zuccaro-Bosio del 24-2-1934, plasmata a rendere l'immagine del Crocifisso, è uscito fuori, a più riprese, del sangue umano.

Vedi perizia Canuto-Trossarelli-Parato del 25-11-1933. [link]

Ora, tale emissione non sarebbe potuta venire per qualche trucco ingegnosamente preparato dalla Tartaglino o da altri?

Prima di dimostrare, nella fattispecie, l'impossibilità di ogni trucco, il Tribunale crede utile mettere in evidenza l'identità del Crocifisso preso in esame, con quello su cui avvennero i fatti di cui si tratta. Tale identità è fuori di discussione!

Bastano, allo scopo, i riconoscimenti giurati della Piacentino, già, precedentemente, proprietaria del Crocifisso stesso.

Che, poi, il Crocifisso, nel quale sono avvenute le constatazioni del 27 settembre, sia quello stesso nel quale erano avvenute le conformi dell'11 agosto, non è neppur dubbio; e ciò, non solo perché l'identità è un'affermazione implicita di tutte le testimonianze, oltreché esplicita della Tartaglino e della Mortera; non solo perché i riconoscimenti giurati riferiscono l'uno e l'altro episodio ad un unico Crocifisso, ma anche perché è una risultanza certa degli atti (testi Tartaglino, Mortera e Can. Barosso) che quel Crocifisso, dal 16 agosto alla terza decade di settembre, è stato detenuto, in assenza della Tartaglino, dalla Mortera. E che, tra il ritorno della Tartaglino e il secondo episodio, non possa essere avvenuta sostituzione del Crocifisso, è risultanza documentata anche attraverso le constatazioni fotografiche del Can. Barosso, di cui, una, si riferisce al Crocifisso dopo la prima, l'altra, dopo la seconda emissione.
Stabilita l'identità del Crocifisso, ad escludere ogni possibilità di trucco, nella fattispecie, si osserva che, se trucco si può immaginare, questo non poté effettuarsi che,

  1. o per precedente immissione di sangue umano nell'interno del Crocifisso,
  2. oppure per una precedente deposizione di sangue umano sulla superficie del Crocifisso stesso.
  1. L'ipotesi di una precedente immissione di sangue umano nell'interno del Crocifisso, dal quale, poi, potesse sgorgare, è esclusa categoricamente dalla perizia merceologica e radiografica assunta in Processo. 
    Mentre, infatti, la perizia radiografica ci assicura perfettamente sulla assenza ssoluta di cavità interne del Crocifisso, quella merceologica ci informa che il potere assorbente della scagliola è minimo. Perciò non avrebbe potuto imbibirsi di sangue, né, tanto meno, emetterlo, cosicché l'assurdità dell'ipotesi appare evidente per la stessa legge fisica dell'impenetrabilità dei corpi.
  2. La seconda ipotesi, che, cioè, sangue umano, proveniente dall'esterno, abbia potuto essere depositato sulla superficie del Crocifisso, è, parimenti, da escludersi per vari e molteplici riflessi, che rendono tale ipotesi contrastante, oltre che con le emergenze risultate dalle deposizioni dei testi, con le stesse leggi fisiche che governano la natura dei corpi.

Cioè, per il Tribunale, una verità palmare, sia che si prospetti l'ipotesi nel senso che il sangue sia stato apposto nello stato liquido, nell'immediata antecedenza del fatto, sia che la si prospetti nel senso più naturale, ma non meno inverosimile, di un sangue precedentemente raggrumato o, quanto meno, in via di coagulazione.
All'ipotesi nel primo senso si oppongono, infatti, le testimonianze precise di quelle persone che hanno visto uscire il sangue dalla ferita del costato e, per di più, si oppone la stessa legge di gravità, poiché, in qualsiasi posizione si immagini il Crocifisso nel momento della supposta mistificazione, compresa quella obliqua, quale più propizia all'esecuzione del trucco, la sovrapposizione del liquido, per quanto cautamente eseguita, non avrebbe potuto manifestarsi con un deflusso regolare dal costato all'inguine, quale venne constatata dai testi, e tale da riprodurre una vera e propria caduta di sangue dalla ferita di un corpo umano.

Le stesse esperienze, hanno confermato pienamente la nostra asserzione con un controllo che non ammette dubbio.
Inoltre, una siffatta ipotesi non regge, anche, per la considerazione che, fra l'atto ipotetico della sovrapposizione del predetto sangue liquido sul Crocifisso, da parte della Tartaglino o di altri, e il sopraggiungere del primo fra i testi immediati, è intercorso uno spazio di tempo, sia nel primo che nel secondo episodio, più che sufficiente alla coagulazione, almeno iniziale, del medesimo, essendo, per una parte, acquisito alla scienza che il sangue umano, fuori dalla sua sede naturale, inizia a coagulare, generalmente, dopo una durata di tempo di pochi minuti, e, per l'altra, essendo risultanza sicura delle testimonianze che, nel primo episodio delle ore 13, la Mortera, quando venne chiamata dalla Tartaglino, stava dormendo, e si fece attendere parecchio, e che, nel secondo episodio, Suor Garberoglio indugiò ancor più tempo, perché intenta a mangiare nel Refettorio delle Suore a pianterreno; mentre è pur certo che i testi posteriori sopraggiunti constatarono ancora la perfetta freschezza del sangue.
E cadiamo, così, nell'ipotesi, contemplata sopra, di una preesistenza di sangue coagulato in precedenza, sovrapposto alla superficie del Crocifisso.
Ma neanche l'ipotesi, considerata in questo senso, è sostenibile, poiché è, del pari, un postulato della scienza che il sangue coagulato non è passibile di liquefazione se non mediante un idoneo solvente, la cui applicazione richiede l'opera di un esperto. E poiché, una volta ottenuta la liquefazione, si cade nelle stesse impossibilità notate sopra per l'apposizione di sangue liquido, e, specialmente, si va contro l'asserzione dei testi, che hanno visto il sangue sgorgare e fluire dalla ferita del costato.
Del resto, questa ipotesi, nei riguardi della prima emissione, è anche da escludersi nel riflesso che, durante l'emissione, si sono eseguite due lavature complete del Crocifisso da parte della Tartaglino, accertate, nella loro risultanza, dalla teste Suor Curcu, la quale ha deposto di aver visto il Crocifisso perfettamente lavato, cosicché non aveva più traccia di sangue prima dell'emissione delle 17.
Né si ricorra alla discontinuità della superficie del Crocifisso, specie per la lesione del costato atta a riprodurre la lanciata del soldato romano; perché sono anche categoricamente accertate, in atti, sia l'oggettiva consistenza, sia la forma e le dimensioni della ferita al costato.
Per cui, anche ammesso, secondo quanto dicono i testi, che la lesione stessa, nell'emissione del 27 settembre, abbia assunto maggior ampiezza, tale minima capienza sarebbe sempre senza alcuna proporzione con la quantità del sangue uscito e la deposizione, in essa, di sangue fluido o raggrumato urterebbe contro le impossibilità notate per le due ipotesi. Aggiungasi, infine, che, alle varie ipotesi, senza alcun fondamento, di un trucco malizioso da parte della Tartaglino, si oppone l'unanime e recisa affermazione dei testi sulla ineccepibile moralità di lei e la categorica esclusione, da loro fatta, della sua capacità morale a simile mistificazione.
Anzi, si oppone la sua stessa capacità intellettuale, come si oppone tutta la condotta tenuta dalla Tartaglino nei due fatti di emissione, quando lava, per due volte, il Crocifisso, onde togliere ogni traccia, e desidera e domanda che non si divulghi il fatto.
Per ultimo, all'ipotesi di un trucco malizioso nei confronti della Tartaglino si oppone, ancora, la stessa circostanza che, tra il primo e il secondo episodio, abbia lasciato così a lungo il Crocifisso nelle mani di terzi, laddove, all'ipotesi di non maliziosa ma inavvertita apposizione di sangue alla superficie del Crocifisso, mediante contatto, diretto o indiretto, di parti insanguinate della Tartaglino o di altri, si oppongono, oltreché tutte le precedenti argomentazioni, l'accertata mancanza di ferite o di perdite sanguigne della Tartaglino o di altri presenti, e l'esclusione di simile possibilità compiuta attraverso la meditata e immediata verifica da parte, specialmente, di Don Possavino nell'episodio del 27 settembre.

Escluso, dunque, il pericolo di qualsiasi trucco, il Tribunale, riportandosi alla considerazione oggettiva delle singole risultanze di causa e del loro complesso, crede di poter affermare, con tranquilla coscienza, che effettivamente il sangue venne emesso dal Crocifisso, e che tale fatto non può essere spiegato naturalmente.

Né possono contrastare con queste risultanze i referti clinici delle perizie eseguite per la ricerca dei gruppi sanguigni della Tartaglino e del Crocifisso, l'una, dai Proff. Gedda e Mino, il 18 marzo 1934, l'altra, dal Prof. Canuto e dai dott. Trossarelli e Parato, l'8 maggio 1934.
Infatti:

  1. i referti sono discordanti fra loro,
  2. anche ammesso che il sangue del Crocifisso venisse assegnato allo stesso gruppo della Tartaglino, non sarebbe per nulla dimostrata l'identità del medesimo,
  3. sempre rimarrebbero l'impossibilità del trucco e rimarrebbe, soprattutto, la prova testimoniale di chi ha visto il sangue del Crocifisso!

Il Tribunale ritiene, così, di aver esaurito, per la parte veramente essenziale, la dimostrazione del proprio ragionevole convincimento.
Di fronte all'oggettivo, specifico, controllo che la versione della Tartaglino ha trovato nei fatti rigorosamente accertati, non hanno molto interesse le considerazioni soggettive che possono riguardare la medesima.

Si potrà, cioè, prospettare, anche, il dubbio che costei sia un'isterica, una neuropatica, fors’ anche una visionaria; anzi, il Tribunale può ammettere che vi siano risultanze tali da far sospettare la fondatezza dell'eventuale addebito. Ma si potrà, forse, dire, per questo, che essa sia stata visionaria anche per quei fatti che sono stati percepiti, dietro sua denuncia, da persone sensate e insospettabili?
D'altra parte, il contegno della Tartaglino, specie in concomitanza dell'episodio di settembre, è ben diverso da quello di un'isterica o di una visionaria; dacché è proprio di costoro il partecipare esageratamente alle creazioni della loro fantasia e il rivendicarne la verità contro le altrui esitanze in modo assoluto, prepotente e, qualche volta, violento. Quale è, invece, in quel frangente, il contegno della Tartaglino?
Ce lo dicono Don Possavino, Don Garberoglio e, anche, Don Bianco: ella era smarrita, estranea, spaventata e piangente. D'altra parte, lei ha dimostrato di non aver la cocciutaggine delle isteriche e delle visionarie, né il loro caratteristico attaccamento alle proprie creazioni; ella è sempre stata, ed è a tutt'oggi, renitente a manifestare altri fatti che la riguardano pur da vicino, come ebbe a dirci, fra gli altri, una teste che la conobbe intimamente, la Piacentino.
La Tartaglino, che, fra la prima e la seconda emissione, ha lasciato il Crocifisso, per oltre un mese, nelle mani della Mortera; che l'ha affidato a costei l'11 agosto, dopo le 15 e le 17; che, dopo l'ultimo fatto prodigioso, era disposta a rinunciare alla proprietà del Crocifisso a favore di quelle Suore di alcune delle quali avrebbe potuto, fors' anche giustamente, lagnarsi, come ci attestano, con la Piacentino, le sorelle Ivaldi; che ha ottenuto, da tutti i testi, non solo dalle Suore (compresa la Garberoglio), ma anche da sacerdoti prudenti e sperimentati nella direzione delle anime, il riconoscimento di una virtù non comune, di un'umiltà innegabile, e di una sopportazione ammirevole nei dolori.
Le circostanze stesse, antecedenti e concomitanti (per non parlare di quelle conseguenti), per quanto non costituiscano una prova positiva del fatto, ci paiono tali da costituire esse pure un argomento quanto meno negativo, nel senso che nulla vi ha, in esse, di indecoroso da parte di Dio, nulla di ridicolo da parte della cosa come delle persone; mentre, anzi, il volgere al termine dell’Anno Santo per il dicennocesimo Centenario della Redenzione, i dolori perennemente rinnovantesi della Passione di Cristo a causa dei sacrilegi degli uomini, il conseguente dovere dei cristiani della riparazione, se pure non costituiscono elementi di giudizio nell'oggettività del fatto, non mancano, però, di dare un contributo di verosimiglianza tale, che ci pare non sia del tutto trascurabile il segnalarlo.

Stabilita, così, la realtà del fatto, che da un Crocifisso di scagliola è uscito del sangue, realtà che ci viene indubbiamente confermata da parecchi testi diretti e immediati in diverse emissioni, testi di qualità e posizioni disparate, per cui né allucinazioni, né delittuoso accordo sono ragionevolmente ammissibili, esclusa ogni mistificazione, sia che si contempli l'ipotesi della preesistenza di sangue dentro o sopra di esso, sia liquido che coagulato, perché interdetta questa ipotesi, oltreché dalle testimonianze, dalle stesse leggi fisiche, come dimostrato, non rimane che concludere nella straordinarietà di un fatto umanamente inspiegabile.

  1. Si tratta di fatto vero e reale, comprovato dal numero e dalla credibilità dei testimoni;
  2. Il liquido sgorgato dal Crocifisso è vero sangue umano, comprovato, oltreché dalla constatazione dei testi, anche, e soprattutto, dall'analisi eseguita nell'Istituto di Medicina Legale della Regia Università di Torino.
  3. Si esclude assolutamente il trucco e la mistificazione, sia per la natura del fatto considerato in tutte le sue circostanze, sia per la qualità delle persone che ebbero rapporto col fatto stesso.
  4. Si tratta di fatto straordinario e non spiegabile umanamente con le sole forze naturali.


    Asti, Curia Vescovile, 14 Maggio 1934.

Firmati:

Can.  Vincenzo  Toso, Ufficiale;

Can.  Luigi  Goria, Giudice;

Can.  Gabriele  Gamba,  Giudice e Relatore;

Sac.  Luigi  Mori, Notaio.


(Con permissione ecclesiastica)


Preghiera
per la glorificazione 

O Gesù crocifisso,
che hai tanto amato Maria Tartaglino
e l’hai arricchita del tuo amore
e del tuo dolore,
facendola tua sposa crocifissa,

ti chiediamo di glorificarla,
concedendoci, per sua intercessione,
la grazia che umilmente ti chiediamo.

Abbi misericordia di noi.

Si recitano
5 Gloria Patri a Gesù crocifisso.

[pro manuscripto ad uso privato]




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