Maria Tartaglino

Asti: 17/09/1887 - 01/09/1944

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L'INTERROGATORIO

Maria Tartaglino, nel corso del processo diocesano (12/02/1934 - 14/05/1934) venne interrogata, dai membri della Commissione , nominati dal Vescovo di Asti, Mons. Umberto Rossi, per far luce sugli episodi del doppio sanguinamento del Crocifisso di sua proprietà.

Indice

  1.    Interrogatorio sulla sua salute.
  2.    Interrogatorio sulla sua vita trascorsa.
  3.    Interrogatorio se ha mai avuto manifestazioni soprannaturali.
  4.    Interrogatorio su eventuali segni speciali nel suo corpo.
  5.    Interrogatorio su eventuali contrarietà avute.
  6.    Interrogatorio sulle persone che l'hanno messa su questa strada.
  7.    Interrogatorio su eventuali letture o discorsi di ascetica e mistica.
  8.    Interrogatorio su eventuali letture di vite di santi.
  9.    Interrogatorio sulle preghiere e devozioni.
  10. Interrogatorio sul soprannaturale.
  11. Interrogatorio sulle emissioni di sangue del crocifisso.
  12. Interrogatorio sull'uso degli stracci e del cotone.
  13. Interrogatorio sulla quantità di sangue uscita dal crocifisso.
  14. Interrogatorio su quanto avvenne in seguito.
  15. Interrogatorio sul significato da dare a quel fatto.
  16. Interrogatorio su eventuali asportazioni del crocifisso.
  17. Interrogatorio sul suo stato d'animo al momento dell'emissione di sangue.
  18. Interrogatorio sulla seconda emissione di sangue.
  19. Interrogatorio su altre circostanze di questa seconda emissione.
  20. Interrogatorio sulle sensazioni provate nel lavare e asciugare il crocifisso.
  21. Interrogatorio se il sangue uscito fosse proprio del Signore.
  22. Interrogatorio su eventuali missioni speciali avute dal Signore.
  23. Interrogatorio se il crocifisso sia stato portato fuori dall'ospizio.
  24. Interrogatorio sulla vera identità del crocifisso dopo questi spostamenti.
  25. Interrogatorio sulla permanenza del crocifisso presso le sorelle Taglietti.
 

Ella rispose: “Ebbi salute abbastanza buona fino ad una certa età; attualmente, sono affetta da miocardite e da debolezza generale, per cui sono costretta a tenere il letto”.

Ella rispose: “Rimasi orfana di madre a 6 mesi, e mio padre passò a seconde nozze; da piccola, fui bene allevata da una mia zia. Poi, siccome avevo tanta simpatia per le orfanelle dell'Ospizio S. Chiara, vi entrai anch'io, per interposizione dell'allora Parroco del Duomo, Don Giuseppe Gamba, futuro Cardinale Arcivescovo di Torino.
Fin da piccola avevo gran fervore e gran desiderio di far penitenze, e ne facevo tante, senza, però, consultare affatto il Confessore, perché , nella mia ignoranza, temevo di perderne il merito”.

La teste, dapprima esitò a rispondere, ma, poi, ricordato il giuramento fatto di dire la verità, rispose: “Ne ho avute diverse, e, su questo, ho scritto varie cose che ho consegnato al mio Confessore, Don Placido Botti, Vicario Foraneo di Rocca d'Arazzo”.

Ella rispose: “Alla vigilia del primo venerdì, specialmente durante l'Ora Santa, che sono solita fare dalle 23 alle 24, ho avuto, per parecchio tempo, dei segni alle mani, ai piedi, alla testa e al cuore; perdevo sangue da questi punti fino al pomeriggio del sabato.
Però, grazie a Dio, sono sempre riuscita a tenere le cose nascoste, benché con fatica, e nessuno ha mai capito niente, fuorché il Confessore, Don Botti, e Suor Elisa Piacentino, dell'Opera Pia Milliavacca.
Dopo insistenti preghiere, il Signore mi ha fatto la grazia che questi segni scomparissero; l'ultima volta li ho avuti oltre due anni fa, nella festa della Circoncisione del 1932.
Ora al venerdì, e specie al primo venerdì del mese, sento forti dolori alle mani, ai piedi, al cuore e alla testa, ma senza manifestazioni esterne.
Vidi anche, varie volte, il demonio che mi apparve sotto diverse forme, per esempio del Padre Confessore, o sotto la forma di un serpente, di un cane, ecc. , assalendomi, spaventandomi, tentandomi di bestemmia ...
Da giovane, vidi, più di una volta, la Madonna, San Giuseppe e il Bambino, a cui baciai i piedi”.

Ella rispose: “Sì, di contrarietà ne ho avute molte, ed io stessa le domandavo al Signore. Mi pare, poi, di averle sopportate con abbastanza pazienza, ma non so cosa ne penserà Iddio ...”.

Ella rispose: “Fu mia zia, che mi ha allevata bene fin da piccola, insegnandomi a pregare, a recitare il Rosario, le Allegrezze, ecc. , e tenendomi lontana da ogni pericolo e dissipazione”.

 Ella rispose che non sapeva cosa significassero quelle parole.

Ella rispose: “Ho sempre letto poco, perché sono sempre stata assai occupata a cucire, lavorare al croquet, fare commissioni, ecc. ; ora, poi, non resisterei a leggere”.

Ella rispose: “Prego poco vocalmente, solo mentalmente nelle sofferenze, ma, da piccola, pregavo molto vocalmente. Non riesco a fare una vera e propria meditazione. Da piccola, avevo gran fervore, anche sensibile, ma poi, ora, piuttosto aridità che fervore. Sono rarissime le notti che passo tranquilla. Riguardo alle mie devozioni, sono quelle verso il Signore, la Madonna, San Giuseppe, Gesù Crocifisso, ecc. ”. 

Ella rispose: “Sono cose che umiliano a dirle. Talvolta mi perdo nelle perfezioni di Dio, nei suoi attributi, nel mistero della SS. Trinità e in altri misteri. In quel mentre capisco tutto quanto è possibile capire, si vedono proprio le cose chiare e si conoscono in modo che non se ne può dubitare. Quando si ritorna in sé, nel cuore rimane una gioia, una pace interna, una soavità, che durano, magari, diversi giorni e, a volte, meno.
Dopo, resta ancora qualche conoscenza della cosa, ma molto, molto meno. Non so di preciso da quanto tempo mi capita questo; però, è tutto scritto nelle carte che ha il Confessore, cominciando dai miei peccati.
Io scrissi tutto per espresso comando di lui, e piansi molto prima di adattarmi a fare queste ubbidienze!

Scrivevo correntemente, come se mi guidassero la mano, ma, poi, non rileggevo più, altrimenti ero portata a strappare tutto …!
Delle volte, queste cose speciali mi capitano alle feste principali, altre volte, no. 

Talora, mi procurano gioia, talora, molte sofferenze, specie quando vedo i dolori di Gesù. Talvolta, mi capitano con frequenza, tal  altra, a distanza di una settimana o più. Vengono all'improvviso, senza nulla prevedere prima.
Il 23 dicembre 1933, passai una notte terribile, per pene interne; al mattino, non potei neppure far la Santa Comunione.

Verso le 7.30, quando suonò la campana, mi sono perduta e ho visto un'anima, come una giovane bellissima, coperta da un candidissimo manto, con le mani giunte, gli occhi rivolti al cielo, in contemplazione, sola in alto mare; e ho visto come tre globi luminosissimi, che si sono riuniti in uno solo, e sono andati a nascondersi nel cuore di quella giovane. Compresi che un'anima spoglia di ogni affetto terreno, è priva di ogni soccorso umano, sola come sul mare, e se tiene gli occhi, cioè le sue speranze e i suoi affetti, al cielo, consegue l'unione con la SS. Trinità, simboleggiata nei tre globi luminosi”.

Ella rispose: “Il Crocifisso in parola mi fu regalato da Suor Elisa Piacentino parecchi anni fa; era stato dipinto da una Suora, ma il lavoro era stato fatto male, ed era brutto. Vistolo così, le sorelle Taglietti lo portarono a casa loro e lo ridipinsero bene, con macchie rosse sullo sfondo bianco del gesso. In esso non vi era mai stata, fino all’11 Agosto, nessuna manifestazione speciale che attirasse l'attenzione. Fin dal mercoledì 9 agosto, avevo capito che Gesù era stato offeso; al venerdì 11, dopo la Santa Comunione, conobbi anche meglio che Gesù era stato offeso molto gravemente e domandava riparazione.
Piansi tutto il giorno e, in certi momenti, quasi non sapevo cosa mi facessi: ero come fuori di me! Dopo pranzo, mi sentii spinta a gettarmi ai piedi del Crocifisso; mi alzai e mi prostrai ai piedi di esso, con le braccia aperte, e sentii che Gesù si lamentava che era stato sacrilegamente offerto e ricevuto e la sua Passione si era perfettamente rinnovata e domandava riparazione per il suo amore profanato. E vedevo il Redentore Crocifisso, che stava davanti a me, vivo come in un'aria moribonda, col petto che ansava …!
Proprio mentre suonava il tocco, fissai gli occhi sul costato e vidi luccicare e uscire il sangue; toccai subito col dito e lo ritrassi macchiato di sangue, mi asciugai col fazzoletto, poi, presi lo strofinaccio della polvere, lo inzuppai d'acqua, lo spremetti alquanto, lavai e asciugai il Crocifisso. Ma, siccome non cessava, dopo un po', andai a chiamare Madama Mortera; venuta che fu in camera mia, le dissi di mettere il suo dito sul Crocifisso. Lei, dopo un po' di titubanza, lo mise e lo tolse macchiato di sangue; allora, prese della carta e asciugò il sangue, che usciva dal costato, anche con quella.

Se avessi potuto, avrei preso il Crocifisso e l'avrei riportato subito a Suor Elisa Piacentino, che me l'aveva regalato, ma non potevo muovermi di casa.
Verso le 3 del pomeriggio, ero seduta davanti al Crocifisso, che facevo l'Ora, e stavo contemplando Nostro Signore; vedo, di nuovo, Gesù ansante, si riapre la ferita e ne sgorga, ancora, il sangue.
Mi sono trovata nei fastidi: ho asciugato e lavato, ma non cessava, ho usato anche dei batuffoli di cotone, sperando che assorbissero il sangue, ma tutto era inutile! Allora, lo presi e lo portai dalla Signora Mortera; passando nel corridoio e voltando il Crocifisso perché le ricoverate non si accorgessero cosa avevo in mano, caddero due gocce di sangue per terra. Giunta dalla Mortera, le dissi di tenerlo lei; poi, tornai indietro e, col fazzoletto bagnato nell'acqua del rubinetto, che è lì vicino, lavai le due gocce di sangue sul pavimento. Aggiungo che c'era del sangue anche alla corona di spine, alle mani e ai piedi, ma non colava, e vi era, pure, una goccia sulla bocca.
Verso le 4,30 mi ero fatto riportare il Crocifisso nella mia camera e mi ero messa a letto. Alle 5, presi il Crocifisso in braccio ed ecco uscire nuovamente il sangue. Ero tutta preoccupata; in quel momento, in camera mia entrò la Signora Mortera, alla quale diedi il Crocifisso, dicendole di prenderlo e di portarlo via.

La Signora Mortera lo prese e lo portò nella sua camera, coricandolo perché il sangue non cadesse”.

Ella rispose: “Gli stracci li lavai nell'acqua, che si arrossò di sangue: poi, l'acqua la buttai via. I batuffoli di cotone li diedi al Padre Confessore e ad altri; io non ho tenuto assolutamente nulla di ciò”.

Ella rispose: “Veramente, non saprei dire niente di preciso: è difficile calcolare. Forse, due dita in un bicchiere, al massimo, fra tutte e tre le volte”.

Ella rispose: “Il giorno dopo, sabato 12 agosto, venne il Padre Confessore, Don Botti. Gli feci un cenno generico che ero preoccupata per il Crocifisso, senza, però, dirgli subito cos'era successo; lui mi disse di non preoccuparmi per il Crocifisso, ché, al massimo, ne avremmo preso un altro. In quel momento, entrò Madama Mortera con il Crocifisso coperto: lo scoprì e glielo fece vedere, narrandogli la cosa.

Il Padre non parve che ci desse importanza, ma si mostrò incredulo. Io gli dissi, più per tener nascosta la cosa che per altro, che, forse, era un'opera del demonio, ma lui mi rispose: “Cosa c'entra qui il demonio?”.

Era già tutto combinato con le Signorine Ivaldi per andare un po' in campagna, nella loro villa di Isola d'Asti; e vi andai, difatti, il mercoledì 16 agosto. Nel mese che stetti via, ebbi sempre l'impressione di quel Crocifisso, anche per la preoccupazione che la cosa venisse conosciuta”.

Ella rispose: “Ho capito che era un segno della misericordia di Gesù;
Egli ha fatto vedere la sua Passione, rinnovatasi per qualche sacrilegio, e le sue sofferenze. Avrei preferito soffrire io. Proprio a me dovevano capitare queste cose … !
Sia fatta la volontà di Dio!”.

Ella rispose: “No, nessuno lo ha mai portato via!
Prima, quando ero nell'infermeria comune, lo tenevo sospeso al muro con un filo; poi, venuta in questa stanza, lo tenni sempre qui, sull'inginocchiatoio, ed è sempre rimasto qui”. 

Ella rispose: “In quel momento mi sono come perduta; ho visto come soffriva Gesù, ho visto quella persone che lo aveva fatto soffrire, e che io conoscevo. Ciò mi ha molto impressionato e chiedevo misericordia per quella persona, perché il Signore la salvasse. Di Gesù non sentivo, e non ho mai sentito, la voce materiale, ma solo la voce interiore”.

Ella rispose: “Quando ritornai dalla campagna, il 20 settembre, mi sentii spinta a palesare l'accaduto alla Suora che, ordinariamente, mi assiste, Suor Giuseppina Garberoglio, la quale, l'11 agosto, si preparava a partire, e non aveva saputo niente del fatto. Una voce mi diceva di dirglielo, poiché è la mia assistente; io, però, non osai, preferendo attendere il Padre, che, tuttavia, quella settimana, non venne. Al sabato 23, la spinta diventò fortissima; ne parlai alla Signora Mortera, ed essa mi disse che anche a lei era venuto lo stesso pensiero.
Mi riferì, pure, che il Rettor Maggiore, quando aveva saputo la cosa da lei, pur raccomandando il silenzio, aveva detto che non sarebbe stato possibile nascondere la cosa a tutti.
Allora fummo intese che la Mortera avrebbe detto qualcosa alla Suora, poiché io non mi sentivo il coraggio di far la prima e, poi, avrei detto il resto. E così facemmo. La Suora disse che Gesù non l'aveva ritenuta degna di assistere ad un miracolo, e insistette presso di me affinché pregassi il Signore che facesse vedere qualcosa anche a lei. Ma io le risposi che non avrei pregato senza il consenso del Confessore e che, secondo me, era impossibile che il fatto si ripetesse … ; era successo una volta, ma adesso non più … !
Al 27 settembre, mi alzai dal letto e mi misi a lavorare ad un cuscino da mettere in una scatola sotto al Crocifisso, per darlo, poi, alle Suore.
Il Crocifisso era al suo posto, coperto per non lasciar vedere la macchia di sangue; si trovava nel guardaroba, avvolto in un panno bianco. Facevo, dunque, il cuscino, quando sento in me come un' ispirazione: “CHIAMA LA MIA SPOSA!”; io affrettavo il lavoro e la spinta si faceva sempre più forte … !
Credetti, quasi, che fosse una tentazione demoniaca per impedirmi di lavorare il cuscino e di dare il Crocifisso alle Suore. Ed ecco che suonano le 13 e la voce si fa irresistibile, dicendomi: “QUESTA E' L'ULTIMA MANIFESTAZIONE! DESIDERO AVERE PIU' TESTIMONI, CHIAMA LA MIA SPOSA!”: Mi alzo, levo la testa, apro il guardaroba e vedo il lino, che copriva il Crocifisso, macchiato di sangue. Compresi che era un'altra manifestazione e mi fece molta impressione, anche se non sentivo nessuna voce, né pena interna.
Chiusi il guardaroba, uscii dalla stanza e mi trascinai fin presso la scala, mandando a chiamare Suor Garberoglio, che, però, non arrivava mai. . . ! Quando, finalmente, giunse, per non far conoscere la cosa alle altre, dovetti dirle che c'era gente in camera mia che l'aspettava. Entrate in camera, mi chiese dov'erano quei che lo aspettavano; io le dissi di aprire il guardaroba e, apertolo, vide il lino macchiato. Tutta impressionata, tolse il Crocifisso, lo scoprì, in parte, lo posò sul letto, col pannolino sotto, e poi si gettò in ginocchio per terra con le braccia aperte, piangendo e mescolando le sue lacrime col sangue del Crocifisso. Io mi ritirai, in disparte, in un canto della camera. Dopo che si fu sfogata un bel po', la Suora mi disse di andare a chiamare la Madre Vicaria, Superiora delle Suore dell'Ospizio. La mandai a chiamare, ma, anch'essa, tardò a venire; quando entrò e vide di che si trattava, fu colpita da grande ammirazione e stupore.
Poi, corse a chiamare dei Sacerdoti; ne venne, prima, uno solo, che vide anche uscire il sangue e caderne una goccia dal capo sulla spalla. Quindi, ne vennero altri e, fra di essi, Don Patrizio Garberoglio, Direttore della Casa. Finché ne furono entrati due soli, io me ne restai in un canto, ma, quando entrarono gli altri due, uscii e andai a sedermi sulla terrazza, fra l'ammirazione delle ricoverate, che, avendo visto venire da me tanti Sacerdoti, credevano che stessi male.
Verso le ore 15, tornai in camera e la Superiora disse di andare a chiamare un fotografo, il Sig. Canonico Barosso, Rettore del Portone, il quale, già due giorni prima, aveva fotografato il Crocifisso. Gli scrissi, perciò, un bigliettino, pregandolo di venire da me con la macchina fotografica e con le lastre. Dopo un quarto d'ora, circa, venne e portammo il Crocifisso nella camera della Signora Mortera per fare la foto, ma io rimasi nella mia camera. A sera, mi riportarono il Crocifisso e me lo mostrarono; io rimasi come spaventata nel vedere la ferita del costato, rotonda, grossa tanto che ci sarebbe entrato un cece dentro e, vicino ad essa, due strappi, come di carne. Il Crocifisso venne, poi, portato di là, nella casa del Noviziato, ma vi restò solo una notte, dopo di che me lo restituirono, chiuso in una cassetta”.

Ella precisò: “Rimase macchiata, con due gocce di sangue, anche la coperta del letto, che stava sotto il Crocifisso, e il pannolino; una macchia la lavai, ma l'altra c'è ancora! Questa volta, il Crocifisso non fu lavato affatto, ma il sangue scese sulla croce e sul lino. Ne venne asciugato un po'con del cotone che fu messo sotto. Il sangue uscì in quantità minore, quel giorno rispetto all'11 agosto.
Il lino, che era stato adoperato e che, poi, rimase macchiato di sangue, è un pezzo di una foderetta guasta che io aggiustai così.
La foderetta faceva parte del corredo che mi avevano regalato le Signorine Ivaldi, venuto, forse, a loro da qualche parente.
La piaga del costato destro, prima delle emissioni di sangue, era appena segnata con un piccolo taglio trasversale”.

Ella rispose: “Di sicuro, non saprei dire, perché non badai a questa cosa; ma, mi pare che il Crocifisso fosse duro, poiché non notai che il dito affondasse come nel molle”.

Ella rispose: “Questo non lo so, non lo posso dire; soltanto, sono certissima del fatto che il sangue è uscito! L'ho giurato e lo giuro con tutta sicurezza! Infine, confermo tutto quello che ho già deposto nei processi e interrogatori precedenti, che sono più precisi ed estesi”.

 

Ella rispose: “Mi pare che la mia missione sia di soffrire per i peccatori, in modo speciale per i Sacerdoti; non so, però, se il Signore abbia accettato la mia offerta di vittima, che da parecchio tempo mi sono sentita ispirata a fare”.

Ella rispose: “Nel tempo in cui lo tenne la Signora Mortera, io non lo so, perché ero assente. So, però, e ricordo, che il giorno 25 settembre, a sera, giorno in cui il Can. Barosso aveva preso, al mattino, la prima fotografia, il mio Confessore lo prese e lo portò a Mons. Stella, in Seminario, per chiedergli dove collocarlo, essendoci la richiesta, per averlo, da parte del Can. Barosso e da parte delle Suore.
Consigliato a riportarlo nella mia stanza, lo riportò subito, accompagnato dallo stesso Mons. Stella, e il Crocifisso venne sistemato nel guardaroba in camera mia.
La sera, poi, del 27 settembre, io stessa lo consegnai a Suor Giuseppina Garberoglio e alla Madre Vicaria, che lo portassero nella vicina Casa del Noviziato, ove rimase fino al mattino,
chiuso nell'armadio dei paramenti sacri. Verso le ore 7, dietro richiesta dei Superiori della Casa, i quali sostenevano che dovesse rimanere in camera mia, me lo riportarono”.

Ella rispose: “Sì, preciso in tutto e per tutto, segnatamente riguardo alle macchie di sangue. Da allora in poi, il Crocifisso rimase nella mia stanza per circa due mesi, collocato in un angolo sopra un tavolino, dentro una cassetta, su di un piccolo cuscino. Poi, vennero a prenderlo, una sera, il Rettor Maggiore e Don Mori, che lo portarono con sé non so dove… , dicendo che me lo avrebbero riportato…! Adesso, credo che sia nell'Ospizio, presso i Superiori”.

Ella rispose: “Il Crocifisso fu presso le sorelle Taglietti, per essere dipinto, circa due anni fa e rimase presso di loro per un mese, in quella villa che costoro hanno sui confini di Asti”.
Al termine di tutti questi interrogatori, a Maria Tartaglino viene mostrato il Crocifisso: ella lo riconosce, con certezza, per quello di cui ha parlato nelle sue deposizioni.



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